Report: chi sfrutta il Congo

venerdì 30 maggio 2008

In questi tempi, temi come la globalizzazione e le risorse economiche sono costantemente oggetto di attenzione dai mass-media. Ma per l'approfondimento di certe questioni esiste un problema non di poco conto, specie se si ha a che fare con temi 'sensibili' dell'industria avanzata e con grossi interessi strategici ed economici.

Quando una nazione del Terzo mondo è contemporaneamente ricca di materie prime e ha una classe politica corrotta, debole e consenziente con le 'potenze estere', le conseguenze sono drammatiche. E forse in nessun'altra parte del mondo questo è vero come nell'Africa centrale. Qui Report ha mandato una troupe per indagare sulla situazione, guidata da Giorgio Fornoni, nel corso di un lavoro durato un anno. Il primo tema affrontato è stato quello dei materiali destinati all'alta tecnologia moderna, che però è un tema molto riservato: tanto che la conduttrice Milena Gabanelli ha commentato:

Il Tantalio e il Congo

Incredibile, non abbiamo trovato nessuno con competenza specifica che ci parlasse a viso scoperto di questo tantalio, perché è un materiale strategico che viene usato principalmente come conduttore nell’industria spaziale ed elettronica. Si trova nei telefonini, nei computers, nelle play station, navigatori satellitari e i pod.

Si riferiva alla parte iniziale del servizio in cui un tecnico, rigorosamente anonimo e non inquadrato in viso dalla telecamera, maneggiando un circuito integrato, spiegava che il Tantalio era indispensabile se si voleva quel livello oramai altissimo di prestazioni-compattezza della moderna micro-elettronica.

E dal momento che questo elemento raro si ricava dal minerale Coltan, i reporter sono andati a cercare nella nazione da cui se ne ricava l'80% di tutta la produzione mondiale, ovvero il Congo.

Alla domanda che ha introdotto la puntata del 25 maggio: come si fa a morire di fame se si sta seduti su di una montagna d'oro? si è cercato risposta da parte della troupe di Fornoni. Quello che hanno trovato viene mostrato, minuto dopo minuto e immagine dopo immagine. I minatori della zona mineraria di Walikale sono pagati per un lavoro durissimo ed estremamente pericoloso, estraendo il minerale in cambio di una paga di pochi dollari al mese. Uno racconta di avere perso da poco 4 amici in uno dei buchi fangosi ottimisticamente definiti come 'miniere'. Altri 20.000 lavorano e alloggiano in zona in una immensa baraccopoli. Sono in balia delle bande armate dei trafficanti, non ci sono sindacati né regole. Nella zona i pochi insegnanti non hanno scuole decenti in cui insegnare, non hanno nemmeno stipendi sufficienti per vivere e devono spesso andare a lavorare in miniera.

Il Coltan viene estratto e i sacchi con questo minerale sono portati via dai vecchi e infaticabili aeroplani guidati da mercenari russi. Lo portano in Rwanda e qui lo lavorano per poi spedirlo in tutto il mondo. I quantitativi reali, scritti in una contabilità parallela, sono anche 10 volte maggiori di quanto ufficialmente dichiarato. Così la moderna civiltà 'high-tech' ha origine dall'Africa nera.

Le altre ricchezze del sottosuolo

Dalle viscere della terra non si estrae solo coltan, ma anche cassiterite, topazio e altri minierali. Tutto arriva a Kigali, Rwanda, dove trafficanti e banche effettuano le relative transazioni. La cassiterite vale 7-9 dollari al kg, il Coltan 15-40, vengono venduti a società straniere come Filix Metal. Lo stesso per l'oro, estratto dalla provincia di Bukavu, ma stavolta la miniera é off-limits per tutti i 'non addetti ai lavori'. Il responsabile della miniera è un cinese. Spesso le aziende estrattive non pagano né tasse né diritti su quanto estraggono, magari perché sono subentrate ad una azienda pubblica (che in quanto tale, non le pagava). Inoltre si dice che la Banro abbia siglato un contratto col governo in cui si impegnava a fornire servizi sociali, scuole e ospedali; tutto questo è rimasto sulla carta, mentre centinaia di bambini sono impiegati in miniera per estrarre l'oro. In Congo la quantità del prezioso metallo è pari al 10% delle riserve mondiali, specie a Bunia. I trafficanti clandestini ne vendono molto al mercato nero, dietro mazzette di dollari, chiedendo i 2 terzi del prezzo ufficiale. Lo stesso accade per le pietre preziose, come i diamanti.

Il tutto aiuta anche il riciclaggio. Eugene Diomi Ndosala, ex ministro delle miniere dice: Se non ci sono veri controlli va a finire che delle persone portano qui dei soldi sporchi, comprano i diamanti e questi diamanti entrano in Europa e i soldi sono puliti e quei soldi rimangono lì perché qui in Congo non c’è nessun controllo. Sono sopratutto i commercianti libanesi, che hanno anche atelier di Kasangani, gli acquirenti abituali, presentandosi con mazzette da diecimila dollari pronte per i sacchetti di diamanti.

Oro nero, oro blu

Oltre ai minerali ci sono anche petrolio, acqua, legname. A Moanda, dove il fiume Congo incontra il mare, è stato scoperto un grande giacimento di petrolio, ora gestito dalla multinazionale francese Perenco. Gli abitanti locali non ricevono nulla in cambio di quello scomodo vicinato. Le promesse di aiuti economici per gli abitanti non sono state mantenute. Dice una donna: I nostri mariti non guadagnano abbastanza e allora in qualche modo ci dobbiamo arrangiare, guardate come siamo ridotte, siamo giovani, ma sembriamo vecchie e poi si allontana assieme ad altre, sovraccariche di sacchi sulla testa e bambini sulla schiena. I controlli non sono affatto ferrei. Joseph Bobia Bonkaw, del Comitato di Sviluppo e partecipazione Popolare dice che proprio non capiscono come nella stessa area di sfruttamento del petrolio, l'Angola produca 600.000 barili al giorno, 30 volte più che il Congo, ed è una quantità in continua diminuzione.

Poi c'è il problema dell'acqua. Il fiume Congo ne trasporta 40.000 mc al secondo. Con le dighe costruite si conta di produrre molta elettricità, come con la diga Inga 1, del '72, seguita poi, 10 anni dopo, da Inga 2. Ma non sono state un affare: il Congo ha accumulato 5 mld di dollari di debito, un terzo del quale dovuto alla costruzione di queste enormi dighe (costruite da ditte italiane). L'ambizione di Mobutu non è stata pari al progresso per la nazione. Alla fine, anche la cancellazione del debito per 200 milioni di euro del 2003 è stato un vantaggio per i costruttori di queste opere, perché sono state pagate per le opere che hanno fatto: dice Elena Geberbizza (Comitato Riforma Banca Mondiale):

Ci guadagnano le imprese perché alla fine sono state pagate per le operazioni che hanno realizzato. Ci perdono invece i cittadini italiani, per cui di fatto i finanziamenti pubblici, quindi parte delle tasse, diciamo, che noi abbiamo pagato, sono serviti a cancellare un debito di cui non ci è dato neanche sapere l’origine, ossia non sappiamo se queste operazione garantite con fondi pubblici sono poi andate a buon fine o se hanno ad esempio contribuito a realizzare progetti come Inga 1 e Inga 2 di cui i congolesi non hanno potuto beneficiare.

Infatti l'energia elettrica non viene usata in zona, ma diretta in Sudafrica e nelle miniere del Katanga. Quest'ultimo è già stato il teatro di una tremenda guerra civile per l'indipendenza, fomentata dall'estero, che vide l'ONU in azione nei primi anni '60 per reprimerla (tra cui anche gli Svedesi con caccia Saab J29).

I villaggi della zona, nonostante la grande quantità di energia prodotta, restano al buio. Anche a Kinshasa, capitale del Congo, non c'è l'elettricità. Questa viene esportata, in circuiti ad altissimo voltaggio, fino a clienti distanti migliaia di km. E in futuro, a devastare la zona arriveranno anche altre due dighe, come la 'Gran Inga' da 50 gigawatt, due volte la già immensa e discussa 'Diga delle tre gole' cinese. Porterà la sua energia fino nella zona del Mediterraneo. È l'unico modo per rendere remunerativa la realizzazione di queste enormi dighe: venderla all’Egitto, Italia e Turchia. Al Congo resteranno solo la devastazione ambientale dei laghi interni che copriranno migliaia di km di foresta ed estrometteranno migliaia di abitanti dalle loro terre.

Oltre il 90% dei congolesi non ha a tutt'oggi accesso all'energia elettrica. Questo sopratutto perché mancano i necessari trasformatori per rendere il voltaggio compatibile con gli usi domestici, e così non esiste modo per la gente della zona di beneficiare di quell'energia elettrica. Per loro ancora l'era moderna non prevede nemmeno le lampadine. Dice la Gabanelli in studio:

Alla fine i paesi che hanno tirato fuori i soldi hanno aiutato le loro imprese che sono quelle che hanno fatto i lavori e i governanti congolesi ad arricchirsi. Sono note le fortune incalcolabili del presidente Mobutu che ha governato il Congo per oltre 30 anni.

Mobutu aveva una ricchezza stimata in 8 miliardi di dollari. Anche se la Svizzera il 16 luglio scorso ha annunciato la restituzione di 5 milioni di euro appartenenti ad un conto di Mobutu, ce ne sono mille volte tanti sottratti ai congolesi e depositati in sconosciuti conti in paradisi fiscali sparsi nel mondo. Anche oggi, con Kabila, il Congo ha un debito di 13 miliardi, poco meno del doppio del suo PIL. Debito pubblico alto e basso Prodotto interno lordo non sono estranei, naturalmente, alla depredazione delle risorse che continua a tutt'oggi: per esempio, si dichiara dalle industrie estrattive un totale di 609 kg di oro annuo ,ma pare che il quantitativo arrivi a 10.000 kg. Lo stesso vale il coltan, cassiterite, petrolio, legno.

La Cina

A questo proposito, la Cina da anni sta investendo molti soldi in Africa, molto interessata alle sue risorse naturali. In Congo soltanto ha investito 8 mld e mezzo di dollari, stabilendo accordi segreti anche al parlamento congolese. Tra gli interessi cinesi vi è il legno, e dato che il Congo ha il 6% delle foreste mondiali, l'affare è enorme. L'ultima grande aerea di foresta primordiale del bacino del Congo, di 600.000 km2, era coperta da una moratoria internazionale sul taglio del legname, ma dal 2002 è stata riaperta allo 'sfruttamento' commerciale, fatto con la solita onestà: se una società prende una concessione per 25 anni, dovrebbe ripartirla in 5 parti ciascuna da disboscare in 5 anni (garantendo quindi la rinascita di almeno parte della foresta tagliata nel processo). Invece queste parti vengono tagliate in meno di due anni. Il discorso sulla mancanza di controlli sul legno tagliato è analogo a quello di tutte le altre materie prime. Le concessioni, ricorda Joseph Bobia Bonkav, sono state prese da compagnie tedesche, portoghesi, svizzere e persino libanesi. E adesso anche i cinesi con la Yang Shushan, che da sola ha 180.000 ettari di concessione. In contraccambio dei diritti accampati su 1.800 km2 di territorio ha dato alla popolazione due pacchi di zucchero da 5 kg l'uno. Nel frattempo la Cina sta mettendo le mani anche sulle miniere di uranio del Katanga.

La Gabanelli, da studio, cita il giornale Le Monde: “Per la diga di Imboulou, la Banca Mondiale e il Fondo Monetario Internazionale esitavano a tirar fuori i soldi. Allora la Cina mise a disposizione il finanziamento chiedendo come garanzia il petrolio congolese. Subito dopo la China Mechanical Corporation, che non aveva mai costruito una diga in vita sua, ottenne l’appalto. Sul cantiere arrivarono 400 ingegneri cinesi che si misero a istruire la manodopera congolese. I congolesi una volta imparato a lavorare andavano a lavorare da un’altra parte. I cinesi adesso hanno chiesto alle autorità congolesi di mettergli a disposizione i carcerati”.

La guerriglia e l'ONU

Poi si arriva al discorso delle mafie internazionali e delle tribù in armi. Il Congo ha frontiere con il Rwanda, e la sua ricchezza esportata in maniera preferenziale verso questi lo rende totalmente collegato al flusso di materie prime congolesi. 14 gruppi armati continuano a fare la guerra in zona, ovvero la guerra civile Rwandese è continuata in sordina fino ad oggi, ma trasferita in Congo, dove ci sono stati 4 milioni di morti, senza che praticamente questo abbia fatto notizia. Solo questo 23 gennaio è stato firmato un accordo per far cessare le ostilità. Ma quello che è incerto è se questo sarà davvero capace di costruire una pace duratura. Tra i leader militari della zona vi è Laurent Nkunda, un guerrigliero che sarebbe aiutato proprio dal Rwanda. Chiamato criminale dal governo congolese, è stato intervistato da Fornoni dopo una lunga trattativa:

Quando diciamo che gli Hutu hanno fatto il genocidio in Rwanda e che non hanno il diritto di essere armati, la gente pensa che lo facciamo per il Rwanda. In realtà il fatto è che hanno compiuto il genocidio in Rwanda nel 94, e poi hanno continuato il lavoro in Congo. Stanno uccidendo i Congolesi, occupano un territorio congolese, stanno saccheggiando le nostre risorse. E sono i Congolesi a doversi prendere la responsabilità di risolvere questo problema. Noi non siamo inviati dal Ruanda. Siamo dei congolesi difendiamo i nostri diritti!

Nelle immense bidonville della periferia di Goma vi sono ancora i profughi della guerra civile, comunità antichissime che sono state scacciate dai loro territori. Nel 2007 ne sono stati censiti 650.000. Le ONG e l'ONU non hanno mancato di impegnarsi, ma in maniera fin troppo discutibile. L'ONU ha 22.000 soldati che costano 3 milioni di dollari al giorno e continuano a rinnovare il loro mandato. Ci sono prove, dice Patient Gagenda (scrittore), che l'ONU fa affari con Nkunda e con i guerriglieri Hutu, ci sono le ragazze violentate dai guerriglieri Hutu, dopo che magari gli è stata ammazzata la famiglia sotto gli occhi, che testimoniano l'esistenza di rapporti con truppe ONU che hanno visto durante la loro prigionia negli accampamenti ribelli. I guerriglieri andavano dagli elicotteri con i sacchi di coltan e ritornavano con munizioni e vettovaglie.

Gagenda ricorda: Io, in quanto cittadino congolese, ho visto dei soldati di Laurent Nkunda salire negli aerei della Monuc per attaccare la città di Bukavu. Non posso dire che non fossero aerei della Monuc perché ho visto con i miei occhi l’aereo UN Nazioni Unite.

Altri flagelli

E c'è di peggio: Anna Maria Arcaro, Suora delle Poverelle si chiede come mai in Africa esplodono sempre queste epidemie gravissime, virus che sterminano la popolazione come l'AIDS, Ebola e così via. C'è anche la fame, mentre la malaria non è nemmeno considerata una malattia, praticamente è lo standard di vita assicurato per i congolesi. E il governo congolese specula anche sulle medicine: al posto delle previste forniture rilascia fogli di consegna ma le attrezzature sono dirottate a strutture specifiche lontanissime dalle esigenze della popolazione stanziale. Di fatto vengono fornite dalla Banca Mondiale e poi il governo congolese le rivende a cliniche e ospedali a cui non erano destinate.

Con tutti questi problemi, non stupirà nemmeno che i giovani congolesi scappano dal loro Paese, anche e sopratutto quelli istruiti. La 'fuga di cervelli' non riguarda solo certe nazioni come l'Italia. Non tutti però: dice Leon Tshilolo, direttore di una clinica:

Io ho fatto una scelta, quella di tornare nel mio paese, di tornare in Congo, anche quando le situazioni erano piuttosto difficili. Le devo confessare anche la scelta, non è una scelta facile, ma l’ho fatta perché quando qualcuno mi chiede perché ha fatto questa scelta? Perché quando abbiamo fatto il giro del reparto, non so se lei se né accorto, degli sguardi di quei bambini… è per quello che sono tornato nel mio paese. Io sono tornato nel mio paese perché nel malato, nel bambino, vedo dei valori molto più importanti per la mia vita, per la mia carriera, per la mia professione.

L'istruzione è un problema, il 60% dei giovani congolesi non vanno a scuola perché la famiglia non ha i soldi per pagargli la retta. Il sistema sociale è allo sbando: Pierre Kabeza, Sindacalista dice: C’è una forte disuguaglianza per quanto riguarda gli stipendi, la maggior parte della popolazione riceve una paga miserabile mentre i politici ricevono uno stipendio incredibile. Io sono un insegnante, per guadagnare lo stipendio mensile di un deputato dovrei lavorare 8 anni e 5 mesi. . Solo pochi possono permettersi scuole private come quella belga, che costa 3.000 euro ogni anno.

Non è tutto: per i bambini le malattie, le guerre e la povertà non sono ancora un elenco esaustivo: le credenze e la fede sono un altro problema. Bambine che vengono uccise perché additate come streghe (una di loro ha rischiato l'uccisione perché assisteva un bambino malnutrito, ad un certo punto morto).

Dice Natalina: questa miseria, che non sanno…io la definisco un po’ cosi, che non sanno gestire i problemi. Inoltre vi sono le chiese messianiche del risveglio, esportate dagli USA: 11 mila nella sola Kinshasa, in costante ricerca di proseliti.

La Gabanelli conclude il servizio con queste parole: paese così fa comodo a tutti quelli che hanno bisogno delle sue risorse e a chi lo governa perché può mettersi i soldi in tasca senza render conto a nessuno.

Tutto questo è parte del problema, ma non è il solo. Questo servizio non ricorda qualche altra cosa: per esempio del rapporto di Save the Children in cui si dice che i soldati ONU hanno continuato, nonostante i tanti scandali recenti, ad abusare dei bambini delle popolazioni 'assistite'. Un'altra cosa è il massacro della fauna e della flora. Questo è conosciuto come 'bushmeat'. Gli africani hanno sempre mangiato anche le grandi scimmie; ma di recente è diventato un fenomeno di massa, che sta portando le nostre prossime parenti all'estinzione. Fino a qualche decennio fa, il problema (per il quale morì Diane Fossey, studiosa dei gorilla di montagna) era quello di uccidere le grandi scimmie per catturarne i cuccioli. Ma adesso si tratta di caccia grossa per scopi alimentari, con un effetto grandemente deleterio per le ultime migliaia di primati, ma anche per ippopotami e numerosi altri animali, che stanno subendo i contraccolpi della catastrofica situazione dell'Africa sub-sahariana.

Quanto alle dighe, queste opere sono da sempre di grande impatto sull'ambiente, e specie quando di grandi dimensioni, sono altamente criticate, capaci come sono anche di causare terremoti locali oltre che di creare innumerevoli sfollati.

Fonti