Intervista a Umberto Eco
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martedì 11 maggio 2010
Wiki@Home è lieta di presentarvi un'intervista a Umberto Eco. Il professore ha accolto il nostro inviato Aubrey nella sua casa milanese per una chiacchierata su Wikipedia, Internet, collaborazione e, ovviamente, libri. L'intervista si è svolta a Milano il 24 aprile 2010.
Eco: Sono un utente compulsivo di Wikipedia, anche per ragioni artrosiche: quanto più mi fa male la schiena, quanto più mi costa alzarmi ed andare a cercare la Treccani, e quindi, se posso trovare la data di nascita di qualcuno su Wikipedia, faccio prima.
Sono un utente dell'automobile, non riuscirei a vivere senza, ma questo non mi impedisce di dire quali sono tutti i difetti e tutti i guai dell'automobile.
Io ho fatto una volta una distinzione fra le cose che fan bene ai poveri e le cose che fan bene ai ricchi, dove poveri e ricchi non ha una immediata connotazione in termini di danaro, ma in termini, diciamo, di evoluzione culturale... Diciamo, un laureato è un ricco, un analfabeta è un povero. Ci può essere ovviamente un costruttore edile che è un povero e un impiegatuccio che è un ricco.
Allora, la televisione fa bene ai poveri e fa male ai ricchi: ai poveri ha insegnato a parlare italiano, fa bene alle vecchiette che son sole in casa. E fa male ai ricchi perché gli impedisce di andare fuori a vedere altre cose più belle al cinema, gli restringe le idee.
Il computer in generale, e Internet, fa bene ai ricchi e fa male ai poveri. Cioè, a me Wikipedia fa bene, perché trovo le informazioni che mi sono necessarie, ma siccome non mi fido, perché si sa benissimo che, come cresce Wikipedia, crescono anche gli errori. Io ho trovato su di me delle follie inesistenti, e se qualcuno non me le segnalava, avrebbero continuato a restare lì.
I ricchi sono coltivati, sanno confrontare le notizie. Io vado a vedere la Wikipedia in italiano, non sono sicuro che la notizia sia giusta, poi vado a controllare quella in inglese, poi un'altra fonte, e se tutte e tre mi dicono che quel signore è morto nel 371 d.C. comincio a crederci.
Il povero invece becca la prima notizia che gli arriva, e buonasera. Quindi c'è per Wikipedia, come per tutto Internet, il problema del filtraggio della notizia. Siccome conserva tutto, sia le notizie false che le notizie vere, mentre i ricchi hanno delle tecniche di filtraggio almeno per i settori che sanno controllare. Se io devo fare una ricerca su Platone, individuo immediatamente i siti scritti da un pazzo, ma se devo fare una ricerca sulle cellule staminali non è sicuro che possa individuare il sito sbagliato.
Quindi c'è questo enorme problema del filtraggio. Il filtraggio collettivo non serve, perché può anche ubbidire a delle fluttuazioni. Io mi sono accorto che, in un certo periodo di vittoria berlusconiana, sono andati a cercare informazioni sui libri di destra su di me e le hanno messe: siccome la correttezza mi impedisce di andare io a modificare direttamente, le ho lasciate. Ma evidentemente era una voce fatta dai vincitori di quel momento.
Il controllo collettivo dunque serve sino ad un certo punto: è pensabile che se uno dà una falsa lunghezza dell'equatore prima o poi qualcun altro venga e la corregga, ma su questioni più sottili e difficili è più complicato.
E il controllo interno redazionale mi pare che sia minimo, cioè non può controllare i milioni di notizie che entrano. Tutt'al più, può controllare proprio se un pazzo ha scritto che Napoleone è un cavallo da corsa, ma più di tanto non si può fare.
Eco: Interventi con insulti, certo. Ma quelle sono le cose grosse.
Eco: Io qui correggerei. Io sono un discepolo di Peirce, che sostiene che le verità scientifiche vengono, in fin dei conti, approvate dalla comunità. Il lento lavoro della comunità, attraverso revisioni ed errori, come diceva lui nell'Ottocento, porta avanti "la torcia della verità". Il problema è la definizione della verità.
Se alla verità io fossi obbligato a sostituire "folla", non sarei d'accordo. Se si va a fare una statistica dei 6 miliardi di abitanti del globo, la maggioranza crede che il Sole giri intorno alla Terra, non c'è niente da fare. La folla sarebbe pronta a legittimare la risposta sbagliata. Questo accade anche in democrazia, lo stiamo vivendo in questi giorni, la folla vota Bossi. Napoleone III per fare il colpo di stato fece allargare l'elettorato alle campagne, perché la folla delle campagne era più reazionaria della folla delle città.
Allora bisogna trovare un altro criterio, che è quello della folla motivata. Quelli che collaborano a Wikipedia, non sono soltanto un'aristocrazia, solo professori dell'università, ma neanche la folla indiscriminata: sono quella parte della folla che si sente motivata a collaborare a Wikipedia. Ecco, sostituirei alla teoria della "saggezza della folla" una teoria della "saggezza della folla motivata". La folla generalizzata dice che non dobbiamo pagare le tasse, è la folla motivata che dice che è giusto pagarle. E infatti in Wikipedia non si inserisce lo zappatore o l'analfabeta, ma già qualcuno che fa parte, per il fatto stesso di usare il computer, di una folla colta.
Eco: Peirce pensava la comunità scientifica, certamente; specie ai suoi tempi, ancora più divisa dalla folla.
Eco: Le funzioni di Wikipedia secondo me sono due: uno è permettere la veloce ricerca di informazione, e allora è soltanto la moltiplicazione delle Garzantine, e basta. L'altro, e qui stiamo parlando dell'altro, è se il controllo dal basso non possa essere, molte volte, più fruttuoso del controllo dall'alto. Siccome il mondo è pieno di esperti idioti, certo che può esserlo.
Faccio un esempio: l'altro giorno stavo correggendo un saggio su Croce. Croce, basandosi sulla sua autorevolezza, ha per 50 anni diffuso in Italia delle idee false, e tutti in Italia le han prese per buone, senza calcolare che lui non capiva niente di arte. È stato il maestro di estetica di due, tre generazioni senza aver mai capito niente di arte. E quindi vedi che, l'autorevolezza, certe volte... sarebbe stato molto più utile la risposta di artisti, ragazzi, studenti. Questo controllo da parte della massa può, come diceva Peirce, in the long run, produrre uno sviluppo.
Continuo però a dire che questo mi espone sempre al rischio dell'incapacità di filtrare la notizia. Ultimamente mi ero messo ad annotare alcune notizie false, alcuni errori che uno può trovare in Wikipedia. In uno stesso articolo per esempio c'erano due notizie contraddittorie, segno che c'era stato un amalgama.
Eco: In quel caso lì, no. Non vado a modificare le pagine. Ho solo modificato le mie, quando c'era scritto che avevo sposato la figlia del mio editore, perché, as a matter of fact, non l'ho fatto. Poverina, ha corso un bel rischio. [ride, N.d.R] Poi, un'altra volta perché diceva che ero il primo di 13 fratelli.
Eco: Sì. Se poi l'errore è di un altro, non vedo perché dovrei perdere tempo a modificare. Non sono la Croce Rossa. [ride, N.d.R]
Dunque, ho proprio notato, all'interno dello stesso articolo, c'era la contraddizione. Però io sono bravo, e lo noto, perché è il mio mestiere, un altro poveretto può leggere solo metà, e prendere la prima versione.
Eco: Certo, è un discorso di tempo. Quando scrivo, andrò su Wikipedia 30-40 volte al giorno, perché è molto comodo. Quando scriviamo, magari non ci ricordiamo se questo o quello è nato nel VI secolo e VII secolo, o quante n ci sono in Goldmann... Una volta per queste cose si perdeva un sacco di tempo. Oggi, fra Wikipedia e Babylon, che corregge gli errori di ortografia, se ne guadagna moltissimo.
Eco: Lei mi parla di collaborazione collettiva. Allora, ci sono due, tre cose che Internet mi offre: la prima sono informazioni brute, come gli orari della ferrovia che nessuno può andare a correggere. L'altra, sono le informazioni enciclopediche, che sono sempre correggibili, perché uno può aver sbagliato o non aver detto abbastanza. La terza, sono testi: io devo andare a correggere i testi che ha scritto un altro? E poi c'è tutto l'universo dei blog, di Facebook; ma non ci interessa, sono le persone che parlano fra di loro, dialogano.
In questi giorni devo fare un dibattito su Ipazia: mi sono cercato un po' di materiale su Internet, e ho trovato testi interessanti e meno interessanti. Ma sono testi. Internet ha messo a disposizione testi classici e contemporanei, ma anche se sono sbagliati o non sono d'accordo non vado certo a modificarli. Non posso dire "Tu hai sbagliato a dare questa valutazione di Aristotele".
Eco: E poi è firmata. Infatti io trovo un sacco di documenti interessanti non firmati, non ho mai capito perché.
Eco: Intende bibliografie?
Eco: Mi ci sono imbattuto. Proprio sulla storia Ipazia, ho trovato un progetto dove studiosi diversi collaborano per dare la traduzione di un certo brano di un testo del X secolo.
Eco: Questo è un altro argomento ancora. Sono stati fatti dei congressi da studiosi di ecdotica a riguardo. Sono vere e proprie comunità autocontrollate.
Eco: Sì, ma dove si sa che il tal studioso viene dalla tal università. In questo caso, non avviene tanto di diverso da quando una volta la gente collaborava a fare un certo volume e doveva prendere il treno una volta alla settimana per incontrarsi. È un lavoro di ricerca in collaborazione sotto il controllo di qualcuno. Non è la saggezza della folla. È semplicemente la moltiplicazione e la semplificazione di un lavoro di ricerca collettivo che una volta richiedeva immondi spostamenti e ora si fa in linea giorno per giorno. È una cosa favolosamente interessante, ma non stupefacente.
È come dire che il telefonino ha permesso enormi sviluppi rispetto al telefono fisso perché posso continuare a lavorare anche se sono seduto davanti a una panchina al parco.
Eco: Io farei una differenza fra comunità incontrollabili e comunità controllate.
Eco: Io ricordo un convegno a Bologna, sui problemi di ecdotica, dedicato in gran parte a ciò che si trova online per fare ricerca sui testi. Evidentemente si tratta di una comunità acefala, autocontrollata e acefala. Ma acefala per modo di dire: perché nelle comunità scientifiche che si autolegittimano c'è sempre chi ha più autorevolezza di un altro: se interviene il filologo tale che propone un'interpretazione, gli altri si allineano.
Quindi [la collaborazione digitale nei progetti accademici] non è la stessa cosa di Wikipedia. È semplicemente la semplificazione da un lato (perché lo rende più agibile), la complicazione dall'altro (perché lo rende più vasto) di processi di ricerca scientifica. Certo che anche l'ultimo allievo può intervenire nella ricerca e dire che c'è qualcosa di sbagliato, ma questi non sono mai completamente anarchici, perché c'è una gerarchia di influenze, anche se non di ruoli istituzionali.
Eco: Facciamo un esempio, la rivista Nature. Nel mondo scientifico, se un articolo è apparso su Nature, dove c'è stata la peer review ed un vasto controllo, viene preso sul serio. È vero in tutti i casi, che può darsi che Nature commetta un errore, ed escluda un articolo brillante: però, comunque, si ritiene che Nature sia un centro di attendibilità, coi confini sfrangiati. Perché può sempre succedere l'errore, o una piccola vendetta accademica...
Io, per esempio, alla mia età e con la mia obesità sono entrato nella fase della glicemia alta del diabete numero 2. Una volta il limite per la glicemia alta era fissato a 140, ora è fissato a 110: sappiamo tutti che questo nuovo limite è stato fissato dalle case farmaceutiche per vendere le medicine prima. Quindi, 140 è rischioso, ma 110 forse è troppo poco, uno può accontentarsi diciamo di 120. Forse nel giro di una qualche decina d'anni si arriverà ad un compromesso, per cui ci si arresterà a 120, oppure si deciderà che 110 è buono in termini di medicina preventiva. [ride, N.d.R] Ci siamo accorti che la suina era un po' una balla, montata su dai produttori di vaccino. Ce ne siamo accorti in ritardo, sono stati spesi dei miliardi, ci siamo resi conto che molte meno persone sono morte rispetto al previsto, che forse avevano esagerato.
Le cose in un modo o nell'altro vanno a posto: queste sono le comunità controllate, non anarchiche, ma dall'autorità sfrangiata. Che non c'entra con Wikipedia, dove l'anarchia è più grande.
Eco: Ci si assesta. Fra Galileo, Tycho Brahe e Keplero alla fine si son messi d'accordo che aveva ragione Keplero. Il calcolo infinitesimale l'hanno scoperto sia Newton che Leibniz ma alla fine tutti si son messi d'accordo su Leibniz. [ride, N.d.R]
Magari a torto, ma è andata così.
Non c'è stata un'autorità, l'imperatore, che l'ha deciso. È stato un insieme di usi, di applicazioni.
Eco: Attualmente sì, questo lo sappiamo tutti. Nelle scienze dure c'è una misurabilità dei dati che non c'è nelle scienze molli, a meno che le scienze molli non facciano la parodia di quelle dure, come avviene con la filosofia analitica.
Eco: Certo, ha cominciato l'Accademia del Cimento! Senza Internet. [ride, N.d.R]
Eco: Prima erano quattro gatti a Firenze, dieci gatti alla Royal Society; ora sono diecimila gatti.
Ritornando al discorso di prima, anche in Wikipedia, però, si può notare una differenza, culturale, fra quello che sono le pagine tecnologiche, scientifiche, matematiche e fisiche e quello che è un discorso più umanistico. Le pagine umanistiche sono molte meno (filosofia, storia, letteratura).
Questo in Wikipedia. All'interno delle comunità accademiche, allo stesso modo, c'è una spinta diversa alla collaborazione. Nelle scienze molli, l'authorship, l'autorialità, e anche l'interpretazione, sono un discorso più importante.Eco: Per quelle che sono le scienze molli, c'è meno un impulso alla collaborazione, certo. C'è più l'interesse ad essere protagonista di un'idea, che non un "portatore d'acqua". Su questo non si discute. Uno scienziato in certi casi è abituato a non essere mai nominato e a sapere che però sta portando avanti una ricerca fondamentale. Nelle scienze molli, succede solo allo studente sfruttato che viene mandato a raccogliere dati che poi il professore firma. Da questo non se ne esce, più di tanto.
Eco: Non credo. Pensa alla Grecia. Platone e Aristotele, pur essendo uno il discepolo dell'altro, hanno prodotto filosofie opposte. Invece appare Euclide e si continua a commentarlo, il suo quinto postulato ha resistito per duemila anni.
Eco: La scienza è cumulativo-distruttiva, accumula quello che gli serve e butta via quello che non gli serve. Le scienze umane sono totalmente cumulative, non si butta via niente: infatti c'è sempre un ritorno al passato. Oppure sono totalmente distruttive nel senso in cui, come ha detto Maritain di Cartesio, un filosofo è un "debuttante nell'Assoluto". Per Cartesio tutto quello che la filosofia ha detto prima di lui è falso. Lo facesse un matematico, sarebbe la fine.
Nei progetti volontari come Wikipedia, il problema si pone in maniera minore. Ma dato che il mondo scientifico si sta dirigendo verso una sempre maggior collaborazione (ed anche il mondo umanistico, seppur più lentamente) abbiamo il problema di fondo del copyright.
In Wikipedia hanno risolto utilizzando licenze libere, e la cultura dell'anonimato o del nickname aiuta; nel mondo accademico e scientifico, invece, la cultura del nome, anche legato a fattori importanti come la propria carriera, porta ad un problema non banale di riconoscimento della proprietà intellettuale.Eco: Questo sta venendo fuori, certamente, anche legato al mondo dei libri; per esempio nel giro di 50 anni avremo un mutamento profondissimo. Avremo probabilmente situazioni culturali più simili a quelle del Medioevo, in cui si avevano commenti su commenti, e si perdeva l'autorialità. Dal Romanticismo in poi c'è stata un'autorialità eccessiva.
Però, non so fino a che punto si può arrivare verso l'anonimato totale. L'anonimato totale, mentre può sembrare democratico, fa credere che su un certo argomento ci sia una e una sola verità. Non potrà arrivare un certo momento in cui la stessa Wikipedia, su certi argomenti (non sulla tavola pitagorica, certo) decida di aprire delle appendici intitolate "Conflitti", in cui, firmate, appaiano diverse testimonianze in conflitto?
Che Napoleone sia morto a Sant'Elena, nonostante ci sia sempre il matto a negare, siamo sicuri. Che Pio XII abbia o no abbia fatto le cose giuste per l'Olocausto, è un dibattito aperto. Cosa fa Wikipedia? Dice che Pio XII non abbia fatto abbastanza per l'Olocausto (irritando milioni di cattolici)? Dice che l'abbia fatto (irritando milioni di laici)? O apre un'appendice, in cui una serie di autori, assumendosi ciascuno la propria responsabilità, in venti righe espongono il fatto che c'è un conflitto di interpretazione?
Eco: Non sono mai andato a vederla.
Eco: Certo, tutto potrebbe cambiare domani.
Eco: No, perché la Treccani ha voci molto firmate. La voce "Fascismo", firmata da Gentile, o la si elimina e la sostituisce o la si lascia così, non la si corregge.
Eco: Sì, e perché rimane, non è correggibile, perché la voce è quella e non la ristampano. Ci fanno un'appendice, certo. Il destino della Treccani è quello di wikipedizzarsi.
Eco: Con la velocità di rinnovamento della cultura, se un'enciclopedia non va online in modo da poter rifare le sue informazioni mese per mese, è sempre condannata. Persino quando parla di Parmenide, perché può uscire domani un libro che getti nuova luce... Ma pazienza, se parliamo di Parmenide. "Aeroplano", per esempio: chissà cosa diceva la voce del "Concorde" prima che cascasse il concorde.
Eco: L'ha proposto per il Dizionario degli Italiani, ma sta tornando indietro. Siccome costa troppo, ha chiesto agli utenti di "regalargli" le voci, non calcolando che per controllare le voci deve mettere su un manipolo tale di editors che gli costa più che pagare le voci.
Eco: Non sono sicuro di aver capito bene quello che ha detto, ma se ho capito bene, tutto questo dipende dal fatto che, a parte le tassonomie botaniche o zoologiche, non esiste classificazione globale, ma solo classificazione locale. Nel mio ultimo libro, "Dall'albero al labirinto", ho scritto un saggio di cento pagine proprio su queste vicende dalla classificazione, dall'albero di Porfirio sino a quelle che oggi chiamano stupidamente le "ontologie".
Il problema qui è che han passato i secoli a cercare di fare la classificazione totale, ma è impossibile, è sempre locale e prospettica. Necessariamente, ne viene che può essere autoriale e non collettiva. Ci si riesce solo in certi campi, per esempio quello degli animali e delle piante, siccome sono universi a modo proprio finiti. D'altra parte, hanno già grossi problemi a classificare gli insetti. Un esempio famoso è poi quello dell'ornitorinco, per cui ci hanno messo ottant'anni, ma si sono messi d'accordo, tutti insieme.
Gli animali dunque sono finiti e in un modo o nell'altro si riescono a classificare. Invece per i casi in cui gli elementi sono più polverizzati, la classificazione totale e collettiva è impossibile.
Eco: Sì, anche se probabilmente ce ne sono più di uno. Sì, ci credo. Però è un po' come quelle domande tipo "Perché si è occupato del Medioevo?", che equivale a dire "Perché lei ha sposato quella lì e non un'altra?" [ride, N.d.R] Se le interessa, io ne ho fatto la traduzione e poi ne ho parlato in una raccolta di saggi sulla letteratura... ma questo non c'entra niente con la domanda.
Eco: Io sono molto empirico. Io sono uno che campa sui guadagni della proprietà intellettuale, ma tutte le volte che mi hanno piratato, a me è andata bene lo stesso. Una volta che il mio editore americano aveva fatto causa ad una università perché avevano fatto trenta fotocopie di un mio libro, io ho protestato. Mi va benissimo così, almeno 3 o 4 dei miei libri si trovano anche su eMule, si possono scaricare... Perché sono così disinteressato alla cosa? Visto che ci campo, dovrei preoccuparmene. Una risposta potrebbe essere che guadagno a sufficienza così, l’altra che sono un buon democratico.
Le faccio un esempio. Quando hanno iniziato ad allegare il libro unito al quotidiano, la Repubblica ha deciso di iniziare con il mio Il nome della Rosa, dandomi una modesta cifra forfettaria. Però poi ne hanno venduti due milioni, quel giorno. Io mi sono detto pazienza, non ci avevo guadagnato ma andava bene così. Poi però ho controllato, sei mesi dopo, i rendiconti della casa editrice, e la vendita del paperback non era assolutamente mutata. Cioè, quei due milioni lì, erano in più, erano altre persone che non sarebbero mai entrati in libreria a comprare il mio libro. Non mi ha tolto una copia venduta. Quindi vuol dire che c'è uno "spazio" talmente grande che [la pirateria] non mi pare una tragedia. Solo per l'autore che vende mille copie, se ne gliene piratano cento si arrabbia.
Fino al Seicento e Settecento, uno scrittore viveva perché c'era un mecenate che lo pagava. Magari si tornerà lì, non si verrà pagati dal pubblico ma si verrà pagati da un mecenate. Se l'è cavata l'Ariosto, perché non dovrei cavarmela io? [ride, N.d.R]
Se la sono cavata anche prima. Poi certo, la rivoluzione del Settecento in cui un narratore andava in giro a vendere i propri libri ha portato anche la nascita dei diritti. In un certo senso questo ha democraticizzato, perché lo scrittore ed il pensatore non hanno più dovuto leccare il sedere al mecenate.
Senta, fra il modo in cui l'Ariosto ha leccato il sedere agli Estensi al modo in cui un sacco di gente lecca il sedere a tutti, non è poi cambiato mica molto. [ride, N.d.R]
Non è che l'Ariosto ci interessa meno perché mette due ottave di ringraziamento agli Estensi.
Eco: Io non capisco tutto queste proteste attorno a Google Books. Sinceramente, a me fa arrabbiare perché mi fa vedere due pagine e poi non posso comprare il libro. Gli editori dovrebbero essere entusiasti, non capisco. È un po' come le vie pedonali: quando si pedonalizza una strada, tutti i commercianti protestano, pur essendo scientificamente provato che la pedonalizzazione della strada aumenta i commerci.
Eco: Ogni scrittore ha delle tendenze conflittuali, perché da un lato gli va bene che il suo libro venga letto, dall'altro gli dispiace che i suoi nipoti non prendano i proventi dei diritti. Adesso, il mio editore mi ha detto che darà i diritti de Il nome della rosa per fare l'eBook sul Kindle, credo. Le percentuali sono molto minori che per i libri normali, ma mi va bene. Personalmente non ci credo, credo ancora che la gente per leggere i libri vorrà ancora la carta, ma non ho problemi, mi sembra giusto che chi vuole abbia l'edizione elettronica. Non mi sembra così complicato, loro pagano i diritti, anche se meno perché l'eBook costa meno. O sarà uno smash, e ne venderai milioni, oppure ne venderai poche copie e va bene lo stesso.
Secondo me la mettono giù troppo dura, come appunto la storia degli editori contro Google. Google Books serve a vendere libri, non a farne vendere meno. Ha la stessa funzione che ha la libreria, quando si va a sfogliare dei libri. Si può comperare o limitarsi a leggiucchiare una pagina o l’indice. Come con Google.
C'è poi la tendenza a dare le cose sempre più gratis. Io non sopporto Adobe, che ogni anno mi vuole far pagare la sua licenza per leggere i PDF. Ho trovato in pochi minuti programmi che fanno la stessa cosa gratis. Non capisco cosa viene in tasca agli sviluppatori...
Eco: C'è anche OOorg, che sostituisce Word. È ottimo, funziona benissimo.
Note
modifica- ↑ Umberto Eco. «La bustina di minerva: Ho sposato Wikipedia?». L'Espresso, 04-09-2009. URL consultato in data 25-02-2016.
- ↑ books.google.com
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