Wikinotizie:Deposito

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Notizie scientifiche su sito Ansa

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16 aprile 2005

Se si guarda la pagina disponibile su internet delle notizie scientifiche della Ansa si rimane sbalorditi. Ad esempio alle ore 18.50 di oggi tutte le 10 notizie che appaiono su questa pagina riguardano la medicina (o cose connesse con il commercio di farmaci) e non la scienza.

Segno questo di come poco, orami, viene considerata la Scienza e che la medicina per non correre rischi di vedere tagliare i fondi anche a lei continua a lanciare segnali d'allarme, sosttenendo che la situazione è tale da richiedere ampi finanziamenti.

La scienza oramai, come è sotto gli occhi di tutti, in Italia non conta quasi più nulla e riceve pochissimi finanziamenti. Anzi come non è sotto gli occhi di tutti visto che non se parla quasi più.

La cosa veramente preoccupante è che si chiede in giro ala gente non pare notare nulla di strano. Evidentemente è talmente abituata a queste cose da non sapere neanche più cosa sia la scienza.

Per fortuna in altri stati le cose vanno diversamente. Ad esempio il servizio internazionale della BBC ha due categorie separate: una per la salute e la medicina (health) e una per la scienza e la natura (Science/Nature) oltre ad un'altra sezione per la tecnologia (Technology)

È però alquanto triste constatare oramai di doversi affidare all'estero non solo per le ricerche scientifiche ma perfino per poter avere notizie su di esse.

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Commenti su bancopoli dopo Fazio 2005

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24 dicembre 2005

La bancopoli del dopo Fazio deve ancora esplodere, Tremonti deve revocare la tesoreria di Bankitalia

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Le dimissioni di Antonio Fazio, come è stato sostenuto da autorevoli commentatori economici, non faciliteranno il compito del governo e né quello del Consiglio Superiore della Banca d’Italia per la scelta del suo successore. Come accade in casi del genere, si è aperta la lotta per la successione fra i diversi schieramenti politici che vogliono porre a capo di una delle più importanti istituzioni italiane un proprio uomo, poiché questo ruolo è autenticamente maschilista, come potrà rilevarsi dall’elenco.
Antonio Fazio è stato l'ottavo governatore della Banca d'Italia, in carica dal 1993 al 2005. Il primo a ricoprire questo ruolo fu Bonaldo Stringher, nominato nel 1928. Sebbene la Banca d'Italia sia stata fondata nel 1893, infatti, la carica di Governatore è stata istituita solo nel 1928. Precedentemente la funzione era assegnata al direttore generale, ruolo che è rimasto anche dopo il 1928, pur cambiando funzione. Dal 1893 al 1894 l'Istituto è stato guidato da Giacomo Grillo. Il suo posto è stato poi preso da Giuseppe Marchiori (1894-1900) e poi da Bonaldo Stringher (1900-1928). Ecco di seguito l'elenco dei governatori dalla nascita della Banca d'Italia ad oggi.

  1. 1928-1930: Bonaldo Stringher;
  2. 1931-1944: Vincenzo Azzolini;
  3. 1945-1948: Luigi Einaundi;
  4. 1948-1960: Donato Menichella;
  5. 1960-1975: Guido Carli;
  6. 1975-1979: Paolo Baffi;
  7. 1979-1993: Carlo Azeglio Ciampi;
  8. 1993-2005: Antonio Fazio.

Nell’attuale situazione, i papabili all’incarico tramite le forze politiche interessate ad essere rappresentate dovranno essere vagliati insieme al Consiglio Superiore di Bankitalia, che farà di tutto perché la scelta non esca dalla cerchia dell’Istituto ed ottenere il placet del Presidente della Repubblica. Certo è che, se Fazio ha agito in buona fede, il suo gesto avrebbe avuto maggiore valenza se compiuto all’indomani della pubblicazione delle intercettazioni telefoniche, che oltre al giro sulla stampa italiana, sono state oggetto di critiche e derisioni di quella estera che non ha esitato a discriminare l’affidabilità del nostro paese, della nostra economia e del governatore stesso. Personalmente non mi sono mai sentito ben rappresentato da Fazio governatore, giacché sin dal 1993 non ho mancato alcuna occasione per discutere il suo operato, che ho sempre considerato finalizzato, unicamente, alla tutela del sistema creditizio, senza considerare le ricadute derivate al sistema economico nazionale della totale assenza di logiche etiche in tutte le decisioni assunte. Quando sino all’anno 2000 il governatore aveva il compito istituzionale appunto di governare il sistema creditizio italiano, la sua politica si è stata ispirata unicamente a mantenere un allineamento alle valute estere, ma nulla ha fatto perché il valore della lire si mantenesse forte nell’interno del paese, poiché ha omesso ogni possibile iniziativa finalizzata alla tutela dei 25 milioni di risparmiatori e dei 40 milioni di utenti del sistema bancario. E’ accaduto così che da settembre '92 al 31 dicembre 2005 abbiamo vissuto tre lunghi anni di esclusione della lira dalla tutela del Sistema Monetario Europeo, che aveva istituito la valuta virtuale denominata ecu, sul presupposto di un paniere di monete della nascente Europa Unita, la cui oscillazione agli effetti della stabilità era contenuta nel limite del 3% per le monete forti quali: Marco tedesco; Franco Francese; Sterlina, e nel limite del 6% per le valute deboli tra le quali la lira, ponendola al riparo da quelle speculazioni, che invece si sono poi verificate in maniera scandalosa dopo la sua esclusione dallo SME. L’avvento dell’ecu ha caratterizzato uno dei peggiori periodi della lira, poiché a far data da settembre 1992 si è concretizzato di fatto nella più grande truffa subita dai circa 900.000 nuclei famigliari che si sono lasciati convincere a stipulare mutui in questa valuta virtuale, di cui oltre 300.000 soggetti con reddito fisso sono divenuti economicamente incapaci a rimborsare le semestralità raddoppiate per la svalutazione della lira e sono finiti sotto esecuzioni immobiliari, con la conseguenza che oltre 120.000 famiglie sono state espropriate della propria casa svenduta all’asta, dopo che avevano già abbondantemente rimborsato le somme erogate in linea capitale. Mentre la Banca d’Inghilterra appena verificatesi le prime avvisaglie di svalutazione ha ordinato alle banche inglesi di convertire per tempo tutti i mutui in ecu, non ha fatto altrettanto il nostro governatore Fazio, così lasciando alla deriva 900.000 utenti con il debito quintuplicato. È sola una delle ragioni della mia scarsa simpatia per il personaggio, altre le ho enunciate nel mio editoriale del 10 settembre scorso quando l’ho esortato a dimettersi. Ma veniamo alle conseguenze delle omissioni di Fazio, che se non dolose, devono intendersi quantomeno colpose, poiché sotto il suo governatorato si sono consumati i vari scandali di bancopoli con le truffe in danno di due milioni di risparmiatori per oltre 50.000 milioni di euro. Durante il governatorato di Fazio ai contribuenti è toccato ripianare le entrate tributarie assottigliate di oltre 150.000 milioni di euro con la scandalosa cartolarizzazione dei crediti bancari, che si è tradotta in evasione legalizzata grazie alla legge di iniziativa del governo D’Alema. Antonio Fazio ha anche omesso ogni inziativa per frenare la voracità bancaria divenuta ancora più tale con la legge di interpretazione autentica della legge antiusura che ha legalizzato l’usura bancaria nell’assoluto disinteresse dell’istituto di controllo. Ma molte altre vicende ancora non sono esplose e si può essere certi che con l’impegno che ci stà mettendo la magistratura, di certo non mancheranno fatti nuovi a turbare ancor più il sonno degli italiani, perché alla fin fine chi ci rimette sono sempre e solo gli inermi cittadini vittime dei giuochi di potere. Tocca al Consiglio dei Ministri, al parlamento e al senato una obbiettiva riforma della legge sul risparmio, una revisione di alcune norme del codice di procedura civile sul limite da porre alla capitalizzazione degli interessi convenzionali sino al raddoppio del credito per poi continuare a saggio legale, una regolamentazione più obbiettiva della legge delega alla Banca d’Italia, riappropriarsi del controllo delle azioni dell’Istituto Centrale e della sovranità monetaria il cui signoraggio bancario si traduce in ingente costo per tutti gli italiani. Perché lo Stato possa riappropriarsi delle azioni oggi detenute dalle banche controllate che la hanno acquistate a prezzo storico di circa 270 milioni di vecchie lire, mentre oggi per la loro cessione pretenderebbero l’incredibile somma di 13.800 miliardi di euro, occorre un urgente atto di coraggio del Ministro Tremonti, da me sollecitato più volte, la revoca della delega delle tesorerie provinciali alla Banca d’Italia, il cui termine scade il 31/12/2005 anche se gli effetti avranno validità dal 31/12/2010, data di scadenza del mandato, che se disdetto eviterà la sua proroga per altri 20 anni, mentre se risolto in tempo farà notevolmente affievolire il valore del portafoglio azionario, insieme all’interesse delle banche controllate le quali hanno già lucrato un signoraggio nell’ordine di oltre 20.000 miliardi di euro, solo negli ultimi 25 anni. Se questa legge è ancora valida perché non sostenere la disdetta cautelare dell'affidamento alla Banca D'Italia del servizio di tesoreria per poi estendere tale diffida alla stampa della moneta considerando che la Banca d’Italia, quale emanazione della BCE non è un organismo costituzionale della Costituzione Europea. Reputo per questo riportare integralmente il testo della Legge 28 marzo 1991, n. 104 di proroga della gestione del servizio di tesoreria provinciale dello Stato (G.U. 4 aprile 1991, n. 79):

La Camera dei deputati ed il Senato della Repubblica hanno approvato; IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA Promulga la seguente legge:
Art. 1. -
1. La gestione del servizio di tesoreria provinciale dello Stato, conferita alla Banca d'Italia e prorogata al 31 dicembre 1990 con legge 16 aprile 1984, n. 78, continua ad essere affidata alla Banca d'Italia fino al 31 dicembre 2010, con l'osservanza delle disposizioni di legge attualmente vigenti, salvo quanto stabilito dalla presente legge.
2. La Banca d'Italia svolge il servizio tramite sezioni di tesoreria con sedi e competenza territoriale stabilite con decreti del Ministro del tesoro sentita la Banca d'Italia medesima, tenendo conto delle esigenze di funzionalità e di economicità del servizio.
3. L'affidamento del servizio si intende tacitamente rinnovato di venti anni in venti anni, salva disdetta di una delle parti da notificarsi all'altra parte almeno cinque anni prima della scadenza.
Art. 2. -
1. Eventuali nuovi o maggiori servizi, operazioni o adempimenti, rispetto a quelli compresi nel servizio di tesoreria di cui all'articolo 1, debbono formare oggetto di preventivi accordi tra il Ministero del tesoro e la Banca d'Italia.
2. In relazione a particolari esigenze il Ministero del tesoro, d'intesa con la Banca d'Italia, può affidare all'Amministrazione delle poste e delle telecomunicazioni o ad istituti di credito determinati servizi, operazioni o adempimenti compresi nell'ambito del servizio di tesoreria di cui all'articolo 1.
3. L'affidamento all'Amministrazione delle poste e delle telecomunicazioni dei servizi, operazioni e adempimenti indicati nel comma 2 è disposto con decreti del Ministro del tesoro, di concerto con il Ministro delle poste e delle telecomunicazioni.
Art. 3. -
1. La Banca d'Italia continua a svolgere le operazioni della Cassa depositi e prestiti con l'osservanza delle norme di contabilità dello Stato.
2. Il corrispettivo dovuto dalla Cassa depositi e prestiti per il servizio di cui al comma 1 sarà determinato con apposita convenzione tra il Ministero del tesoro e la Cassa suddetta.
Art. 4. -
1. Il Ministero del tesoro è autorizzato a stipulare con la Banca d'Italia le convenzioni occorrenti per regolare i rapporti nascenti dall'applicazione della presente legge, anche ai sensi dell'articolo 1, comma 2.
2. Nelle convenzioni di cui al comma 1 sono, altresì, stabilite le modalità da osservare per la comunicazione al Ministero del tesoro dei dati relativi alla gestione del servizio di tesoreria provinciale.
Art. 5. -
1. Con decreti del Ministro del tesoro, da emanare ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, sentita la Banca d'Italia, possono essere adottate, limitatamente alla gestione del servizio di tesoreria, norme intese a semplificare le procedure relative agli incassi e ai pagamenti per conto dello Stato, nonché alla rendicontazione da parte delle sezioni di tesoreria, anche mediante l'impiego di strumenti informatici (1).
2. Con gli stessi decreti di cui al comma 1 potranno essere indicati i casi di esclusione dell'emissione di titoli di spesa e di entrata di importo non superiore a L. 20.000.
3. È abrogato l'articolo 2 della legge 16 aprile 1984, n. 78.
Art. 6. -
1. La presente legge ha efficacia dal 1º gennaio 1991.
La presente legge, munita del sigillo dello Stato, sarà inserita nella Raccolta ufficiale degli atti normativi della Repubblica italiana. È fatto obbligo a chiunque spetti di osservarla e di farla osservare come legge dello Stato.


Prof. Francesco Petrino
Presidente Centro Studi Giuridici SNARP
Docente di Diritto Bancario e Sovranità Monetaria
presidente@snarp.com – www.snarp.it
Roma, 22/12/2005

Terminologia di guerra

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Da circa dieci dieci giorni è iniziata un'altra guerra i cui promotoro hanno assicurato sarà breve e giusta...esatto, la missione si chiama "Giusta Retribuzione". Ora io non so come possa pensarla la maggior parte della gente ma queste due parole richiamano concetti oggettivamente positivi: giusta deriva da giustizia, uno dei pilastri di ogni cultura e che sicuramente non può essere perseguito con metodi violenti perché altrimenti verrebbe meno la sua stessa natura dando vita al suo contrapposto: l'ingiustizia; l'altro termine, retribuzione, è sinonimo di premio, di compenso per un'opera prestata ad un altro soggetto che non deve essere utilizzato quindi come sinonimo di punizione o vendetta. Il nome di questa missione non è quindi molto adatto alla situazione. Non è comunque la prima volta che ci troviamo di fronte a questa discordanza tra parole e fatti, già nel 1939 Hitler aveva usato definire il suo primo atto di guerra come "guerra lampo" (Blitzkrieg): la storia ha poi dimostrato come non sia stata poi così breve. Tale termine è stato riutilizzato e riadattato dagli Stati Uniti d'America nel 2003 con l'espressione "Shock and awe" dando così inizio alla Seconda guerra del Golfo che se non sbagli è ancora tutt'oggi in corso e di cui sentiamo parlare ogni giorno. Ma non è finita qui che dire dell'operazione "Desert Shield" e "Desert Storm"? Parte uno e parte due della stessa guerra che è diventa una trilogia dal 2003 di cui non abbiamo ancora visto il finale. C'è poi "Enduring Freedom", "Libertà Duratura", il nome dato alla missione in Afghanista e che si protrae ormai da circa 3 anni, ma in questo caso un termine corretto c'è sicuramente! Si potrebbe ricordare anche l'espressione guerra preventiva: espressione moderna e capace di convince una nazione ad appoggiare un conflitto. Ma se entriamo nel profondo di queste parole, se ci spostiamo dalla parte degli attori e non ragioniamo da esterni o da pacifisti, cosa dovremmo pensare? Un israeliano potrebbe essere convinto che sia giusto punire il Libano che non si impegna come stabiliti nel limitare il poter degli Hezbollah ed è quindi corretto agire e ripagare con una monete con più valore. I tedeschi che avevano visto in Hitler un uomo che voleva far crescere la Germania erano ammaliati dalle sue parole e la tattica della Blitzkrieg sembrava adatta a questo scopo. Il popolo americano non mi è mai sembrato molto favorevole agli interventi in guerra precedenti l'11 settembre e quindi è deducibile che spesso essi siano stati voluti più dal Palazzo che non dal popolo e per non coinvolgere troppo la popolazione si è pensato bene di utilizzare termini molto "hollywoodiani", più simili a titoli di film che non ad azioni di guerra. E per quanto riguarda il post-11 settembre? Si è fatto leva sulla parola "libertà" il cui utilizzo è spesso finalizzato a qualcosa che libertà non è e che assieme alla parola "democrazia" è ormai sulla bocca di molti per il profitto di pochi. Si è fatto leva sulla parola prevenzione, gli Stati Uniti sono stati colti all'improvviso, nessun segnale premonitore...quindi con un po'di prevenzione il rischio di un episodio simile sarà sicuramente migliore. Tutto ciò che è stato detto finora acquisisce quindi un significato biunivoco, ma qual'è quello corretto? Probabilmente non esiste, ognuno utilizza quello che ritiene più convincente, quello la cui interpretazione ha più fondamento alla luce del contesto in cui vive ed è cresciuto, delle emozioni e quel che più conta della ragione...quale?

                                                          Michele Munarin

Il “paradosso” televisivo

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Spunti di riflessione sull'informazione

La forza dell'informazione televisiva si riassume nella vicenda legata alle donazioni per aiutare i paesi colpiti dallo Tsunami. Gran parte della popolazione mondiale ha potuto addentrarsi grazie all'occhio delle telecamere in una delle più grandi catastrofi naturali della storia umana, in ogni suo aspetto, dalla paura, all'angoscia, alla morte, alla rassegnazione, all'impotenza di fronte alla natura, alla rabbia ma anche alla voglia di ricominciare. La sequela di immagini andate in onda per almeno una settimana hanno generato una spirale positiva di “empatia globale” che ha attraversato il mondo e che ha portato tantissime persone a sentirsi in dovere morale di fare donazioni per le vittime dello Tsunami.

La raccolta di fondi è stata così ampia da generare quello che si può considerare un vero e proprio paradosso senza precedenti: l'organizzazione umanitaria Medici senza frontiere afferma che per lo Tsunami sono stati accumulati addirittura il quadruplo dei fondi usati. Lo scrive in un articolo Louise Williams sul Sidney Morning Herald lo scorso 11 Maggio. In Australia Medici senza frontiere ha già contattato 4000 donatori per rimborsare la somma, 200 di loro hanno accettato, l'alternativa è che i fondi in eccesso siano destinati ad altre aree di crisi(in questo momento per il Sudan e il Congo, afferma il presidente Rowan Gillies) con il necessario consenso del donatore.

Riguardo a questa situazione il responsabile di MsF in Australia, Philippe Couturier ha dichiarato che Non è mai successo prima di dover rifiutare donazioni o addirittura di doverle rimborsare, aggiungendo che tutto ciò è “un incubo amministrativo”.

Medici senza frontiere Italia ha rilasciato il 13 Maggio un comunicato. In esso si enuncia che le sezioni di MSF di tutto il mondo hanno ricevuto, complessivamente 105 milioni di euro e che alla fine di marzo 2005, sono stati utilizzati 16 milioni di euro per la gestione dell'emergenza nel Sud dell’Asia ed altri 22 milioni si useranno probabilmente per le attività correlate allo tsunami. Anche MSF Italia il 4 Gennaio come le altre sezioni aveva deciso di sospendere la raccolta fondi per questa emergenza. Tra febbraio e marzo 2005 ha contattato parte dei donatori con 60.000 lettere e 8.000 e-mail nelle quali si richiedeva il permesso di destinare il contributo versato per l’emergenza tsunami ad altre situazioni di crisi meno visibili ma che sono altrettanto gravi: Repubblica Democratica del Congo, il Darfur, la Colombia, il Caucaso. Solo 8 donatori hanno richesto la restituzione dell'importo versato. Nel comunicato si legge anche che a livello internazionale, il totale restituito è stato di 978.050 euro, pari allo 0.9% del totale donato (105.275.725 euro). Infine MSF Italia rende noto che il 43% dei fondi inizialmente ricevuti per l’emergenza sono utilizzati per supportare altri programmi medici di emergenza nel mondo.

Dunque la conclusione può essere giudicata più che positiva; con le donazioni in eccesso si assisteranno altre persone che vivono tragedie “silenziose”, quelle che fanno meno clamore ma che devastano l'esistenza umana di chi le vive in ugual modo. Per completare termino sottolineando che dal caso drammatico dello Tsunami e dalla successiva raccolta fondi credo sia doveroso trarre spunti di riflessione sul potere e la responsabilità dell'informazione, soprattutto quella televisiva, che attraverso le immagini e non solo le parole, spesso troppo volatili, può smuovere e far franare la coltre d'ignoranza e d'inconsapevolezza anche della coscienza più fredda e distaccata.

Nico Guzzi

Internet luogo di rappresentanza politica permanente. Di Dario Pettinelli

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Esiste, storicamente, un collegamento molto stretto tra l'affermazione di una nuova tecnologia e la comunicazione politica in campagna elettorale. Detta in altri termini, la consacrazione di una nuova tecnologia passa spesso attraverso una concreta dimostrazione di efficacia nell'influenzare i risultati di una competizione elettorale.

D'altronde, quale legittimazione più fondante immaginare all'interno della sfera pubblica? Così è stato, per esempio, per la televisione. Nel 1960,negli Stati Uniti, il celebre dibattito elettorale Kennedy contro Nixon, in cui il primo si dimostrò assai più abile del "radiofonico" presidente uscente nello sfruttare le potenzialità del linguaggio televisivo, segnò l'inizio dell'era televisiva della comunicazione politica. Nonché della centralità indiscussa del mezzo televisivo, nell'ambito politico e non solo, per gli anni a venire.

E Internet? Quali sono i punti di incontro (o di scontro) tra Internet e politica? L'inizio della diffusione capillare di Internet risale a poco più di dieci anni fa. I processi di integrazione delle nuove tecnologie in un sistema mediale complesso non sono, contrariamente alla sensazione che spesso se ne ha, particolarmente rapidi, ed è facile sovrastimare gli impatti a breve termine. Così come una scossa tellurica cambia la geografia di un territorio, anche l’avvento di una nuova tecnologia modifica i precedenti equilibri mediatici e i relativi rapporti di forza. Ma solo con il tempo il contesto mediale ha il modo di conformarsi stabilmente alle avvenute modificazioni. I maggiori esperti in materia quantificano in trent’anni il tempo necessario ad una tecnologia per essere assorbita completamente nel sistema preesistente.

Forse però in questo caso, essendo la Rete (con le sue specifiche peculiarità fondanti) il soggetto nuovo in questione, trent'anni potrebbero essere troppi, specialmente tenendo conto della velocità con cui Internet si inserisce all'interno dell'attuale panorama tecnologico, già avanzato e ricettivo. Alcuni indizi, evidenti a tutti, confermerebbero questa ipotesi, e la maturità di Internet come ambiente comunicativo "dominante", pare essere sempre più vicina. Tutti i partiti politici, negli ultimi anni, si sono dotati di un sito web che, in breve tempo, sembra assumere la forma di un vero e proprio luogo di rappresentanza politica permanente, attivo e senza soluzione di continuità, tanto da non poter prescindere dall’adeguarsi al cosiddetto "presente perpetuo"; ovvero a quella inevitabile e perenne "contemporaneità" che è il web.

Un luogo di rappresentanza permanente che raggiunge, nel rapporto tra gli attori della sfera pubblica, tre obiettivi: cittadini, sistema politico, sistema dei media. Internet, in buona sostanza, serve a costruire un legame più diretto tra sistema politico ed elettorato. Un sito può servire per informare sull'agenda politica, interagire su tematiche e programmi, coordinare le attività politiche, rendere disponibili i materiali propagandistici in forma digitale, con tutti i vantaggi organizzativi intuibili. Attraverso un sito web viene data la possibilità ai cittadini di partecipare, informarsi, interagire attivamente.

L'impressione è che, questi luoghi, oltre ad essere il prodotto della necessità politica moderna di attivare campagne permanenti, ne siano in parte la risposta, soprattutto alla luce della crisi dei luoghi tradizionali di aggregazione e di formazione politica nel territorio. La Rete funziona da strumento di comunicazione ad uso dei soggetti politici. Uno strumento diretto e autonomo rispetto alle logiche dei media, grazie al quale i messaggi politici scavalcano le forme, più o meno invasive, di intermediazione giornalistica. Internet, per sua natura, diventa una sorta di cassa di risonanza orizzontale che diffonde e amplifica, arricchendo di significati il messaggio politico. Questo è uno dei motivi per i quali anche il singolo politico avverte la necessità di un suo sito personale. Non più semplici ed estemporanei "siti vetrina" con scarne biografie e brevi note sui programmi, ma veri e propri luoghi di costruzione dell'immagine di un soggetto politico. In altre parole, uno dei segnali più evidenti del fenomeno di personalizzazione della politica, a cui Internet fornisce nuova forza e nuove potenzialità.

L'ambiente comunicativo nel quale si inserisce Internet, ridefinisce i rapporti di forza tra politica e media; la Rete (e a maggior ragione i siti "politici"), diventa sempre più fonte di informazione credibile, alimentando, soprattutto nel periodo elettorale, buona parte del fabbisogno informativo. Il sistema politico italiano, seppur con la lentezza (o l’accortezza, se preferiamo) che lo contraddistingue, ha iniziato da poco ad interessarsi alle dinamiche comunicative proprie delle nuove tecnologie telematiche.

L'impressione è che molto ci sia ancora da fare, soprattutto nella velocità di interpretazione delle nuove modalità di comunicazione via web. È la storia che ci ricorda quanto la Rivoluzione Industriale fu determinante non solo nei processi produttivi ma soprattutto nella genesi delle grandi ideologie, quella social-comunista e quella liberal-capitalista. Certamente la Rivoluzione Elettronica non è pienamente compiuta; sta di fatto che sono ancora troppo pochi quelli che hanno intuito il nuovo scenario comunicativo. Chi riuscirà per primo (soprattutto in Italia) ad usare pienamente il nuovo strumento con intelligenza, passione e curiosità, si ritroverà un vantaggio decisivo su chi invece, per diffidenza o incapacità, sceglierà di continuare a fare politica unicamente off line.