Veltroni chiude la campagna elettorale: «Inizia il viaggio per cambiare l'Italia»

venerdì 11 aprile 2008

Walter Veltroni

«Il nostro viaggio finisce qui, a Roma, ma ne comincerà un altro: quello per cambiare l'Italia»: inizia così il suo discorso Walter Veltroni, al termine della campagna elettorale del PD, avvenuta in Piazza del Popolo a Roma. Gli organizzatori hanno stimato la presenza di circa 150 mila persone.

Molti VIP erano presenti oltre alla gente comune: Gigi Proietti, i fratelli Taviani, Ettore Scola, Luigi Magni, Mariangela Melato, Monica Guerritore, Isabella Ferrari, Alessandro Haber, Moni Ovadia, Elsa Morante, Simona Marchini, Vincenzo Cerami, Laura Morante, Massimo Ghini, Fiorella Mannoia, Pippo Baudo, Serena Dandini, Veronica Pivetti.

Veltroni afferma: «Quale che sia il ruolo che ci aspetta da lunedì, voglio dire che l'Italia bisogna amarla e non usarla. L'Italia bisogna servirla con l'onore di farlo e non mi sognerei mai di dire che è come portare una croce, che è un sacrificio, perché è il massimo onore che un italiano possa ricevere ed io lo farei con la voglia di cambiare questo Paese e non solo di governarlo.»

«Io sono ottimista - sottolinea il segretario del Partito Democratico - per assoluta convinzione: c'è la possibilità di fare un cambiamento radicale».

L'ex sindaco di Roma cita anche una canzone del cantante Jovanotti: «Vertigine non è paura di cadere ma voglia di volare». Lorenzo Cherubini era a fianco di Walter Veltroni e si sono abbracciati.

Alla fine della manifestazione c'è stata l'esecuzione dell'Inno di Mameli, ma ha anche ricordato che «tra i due schieramenti ce n'è uno solo che tutto insieme può cantare l'inno d'Italia: siamo noi».

Veltroni torna sulla polemica di Bossi e sull'«imbracciare i fucili»: «Il senso dello Stato è come il coraggio manzoniano, difficile darselo se non lo si ha. È l'abc della democrazia. Sputano sulla Costituzione e sul tricolore e non lo fanno soltanto in un'occasione: quando giurano al Quirinale per andarsene via, poi, con la macchina blu».

«La Lega vuole la secessione, non si riconosce nel tricolore e nell'inno di Mameli», ribadendo il contenuto della lettera inviata a Silvio Berlusconi sulla Repubblica. «Lui non può rispondere perché non può sottoscrivere quell'impegno per tutti, io invece quell'impegno lo posso prendere per tutti».

Pronostica poi una «previsione»: «Lunedì pomeriggio il Pdl non ci sarà più».

Il candidato premier per il PD e per l'Idv loda Giorgio Napolitano e Carlo Azeglio Ciampi «per il senso della legalità, per il rispetto delle istituzioni, per il loro amore verso la Costituzione», per poi criticare aspramente Berlusconi sulle affermazioni su loro.

Quando Veltroni nomina George W. Bush arrivano fischi dalla platea, ma li frena: «Noi non fischiamo, contrariamente a quanto avvenuto ieri in quella sparuta assemblea di pochi intimi quando - dice, riferendosi implicitamente alla manifestazione del PdL ieri a Roma - nominando il mio nome si sono alzati i fischi e chi parlava ha gongolato»

Ricorda anche Aldo Moro, «sacrificato dalla furia omicida dei terroristi».

Spazio anche a Giovanni Falcone e a Paolo Borsellino: «Sono loro i veri eroi - incalza - e non un loro imputato come ha dichiarato il capo della coalizione avversa". Il riferimento è verso le frasi dette da Dell'Ultri e dal Cavalieri su Vittorio Mangano. «Che segnale è, se il principale esponente dello schieramento avversario considera un eroe una persona che ha subito tre condanne all'ergastolo per reati legati alla mafia? Che significato ha questa frase? Cosa vogliamo insegnare ai nostri figli e ai ragazzi italiani?».

Torna sulla polemica di Francesco Totti e del leader del Popolo della Libertà: «(Totti n.d.r.) ha manifestato solo la sua amicizia», ricordando «la generosità di questo ragazzo che sa di avere avuto tanta fortuna ma anche di dover restituire e non prendere».

Scherza su Alitalia: «Dove è finita la famosa cordata di cui ha parlato Berlusconi, quella che ha creato solo tensione e disturbo in una vicenda che andava affrontata con ben altra serietà?».

L'ex sindaco della capitale ribadisce che «non ci saranno larghe intese perché sarebbero innaturali». Dice poi che, se eletto, il primo disegno di legge sarà sui precari. «Io personalmente la considero la più inaccettabile disuguaglianza sociale», conclude.

Infine un appello agli indecisi e ai delusi: «L'autunno dell'Italia può finire domenica. Un'Italia più giusta e più moderna si può fare. Domenica possiamo scrivere: lo abbiamo fatto e comincerà la primavera dell'Italia».

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