Ultime da Israele e Gaza

mercoledì 28 maggio 2008 Ultime notizie dal Medio Oriente, entrambe in qualche modo incentrate sullo stato di Israele. L'attuale ministro della Difesa nonché esponente dei laburisti Ehud Barak ha chiesto oggi, senza giri di parole, al suo omonimo, il premier Ehud Olmert, di rassegnare le dimissioni o quantomeno abbandonare per il momento l'incarico, dato il fatto che attualmente egli è coinvolto in uno scandalo finanziario. Il premier non è disposto a cedere alla richiesta, ma si vocifera che Barak sia addirittura in procinto di porgli un ultimatum: o l'abbandono dell'incarico finché l'inchiesta sarà in corso, oppure le elezioni anticipate. Quello che ha fatto precipitare la situazione politica, data la già lunga persistenza di accuse di corruzione a carico di Olmert, è stata la testimonianza del magnate americano Morris Talanksy, che avrebbe pagato una somma di 150.000 dollari in 13 anni, sia per le campagne elettorali che per spese personali. Haaretz, che pure ammette che non vi siano prove di attività illegali, ha definito Olmert come al di là di ogni salvezza, e, come politico "finito" agli occhi dell'opinione pubblica. Il giornale lo definisce, nel migliore dei casi, come un rozzo edonista, nel peggiore come un vero e proprio autore di reati.

Certo è che, nonostante Olmert sia tutt'altro che in buone relazioni con i palestinesi, Barak è definito come più aggressivo e con minor volontà di trattare con i nemici di Israele. Probabilmente si tratta di una resa dei conti tra i due, oramai esponenti di linee d'azione filosoficamente diverse.

Nel frattempo, come anticipato qualche giorno fa, è arrivato in Medio Oriente il vescovo anglicano Desmond Tutu, Premio Nobel per la pace. Ora è a Beit Hanun, nella Striscia di Gaza. La sua volontà è quella di indagare su di un tragico fatto di un anno e mezzo fa, quando l'artiglieria israeliana, ufficialmente a causa di un errore di tiro, colpì case abitate da civili uccidendone 19, tra cui molte donne e bambini. Tutu, che è entrato dal valico egiziano di Gaza, già a suo tempo era stato incaricato di investigare su quell'episodio dall'ONU; solo che Israele non concesse l'autorizzazione ad entrare nella Striscia. Oggi ha incontrato anche i leader di Hamas rivolgendo un appello ad entrambe le parti in lotta per una tregua e il non coinvolgimento di civili. Il vescovo è riuscito dunque ad ottenere quello che l'altro premio Nobel, Jimmy Carter, mancò qualche settimana fa, allorché l'entrata a Gaza gli fu negata dagli Israeliani; tanto che l'ex-presidente dovette incontrare i leader di Hamas in Egitto.

Le dichiarazioni di Tutu e le mine antiuomo

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Oggi Desmond Tutu ha dichiarato che l'assedio di Gaza è 'illegale' e costituisce 'una enorme violazione dei diritti umani'. Lo ha dichiarato in qualità di capo della missione ONU per i diritti umani incaricata di far luce sulla strage dell'8 novembre 2006, di cui sopra, avvenuta a Beit Hanoun. È rimasto traumatizzato, per sua affermazione, dal vedere le condizioni in cui versa la Striscia dopo che Hamas ha vinto le elezioni e Israele ha posto il blocco.

Sempre oggi a Dublino è stato raggiunto uno storico accordo contro le bombe a grappolo, che sono tra le armi più pericolose, specie quelle di vecchio tipo (prive di timer di autodistruzione, come accade, invece, per le granate antiaeree). Purtroppo va rilevato che le principali utilizzatrici di queste armi, tra le nazioni mondiali, hanno disertato l'accordo. Tra queste USA, India, Cina, e Israele, che ne fece un largo uso nella guerra del 2006 (spargendone circa 2 milioni di pezzi), sopratutto nel Libano meridionale. I Paesi di cui sopra, e altri assenti a Dublino, sostengono l'utilità delle CBU e propongono un accordo al ribasso. Il premier Gordon Brown ha invece detto che, nonostante gli impegni bellici, la Gran Bretagna per dare il buon esempio distruggerà subito i suoi ordigni a grappolo.

Questi ultimi sono armi considerate 'moderne' ma sono tutt'altro che intelligenti, anzi tendono a colpire obiettivi aereali senza distinzione, lasciando moltissime submunizioni sul terreno. Ad esempio, l'MLRS americano ha 644 granate per razzo, e dodici razzi per lanciatore. Con un rateo di 'duds' del 4%, ma spesso anche del 15, è facile capire che ogni lancio di questi lanciarazzi costituisce di fatto la posa di un campo minato, con ordigni da 4x8 cm, cilindrici, pesanti circa 230 grammi ma capaci di effetti anti-personale nel raggio di alcuni metri. Anche le munizioni più recenti hanno un rateo di colpi 'falliti' dell'1%, non del tutto trascurabile. E naturalmente tutte queste minuscole munizioni cadono per terra e vengono rapidamente nascoste dalla vegetazione, restando nondimeno potenzialmente pericolose (i proiettili 'normali' tendono a penetrare per metri nel terreno e son ben più facili da localizzare). Israele usò circa 2 milioni di questi ordigni nella guerra di 2 anni fa, e circa il 10% è rimasto inesploso.

Ma le armi moderne sono sempre più perfezionate: per esempio, i razzi MLRS sono attualmente in produzione in un tipo con autoguida data da un GPS, diventando dei veri missili tattici. Gli inglesi li hanno già usati in Afghanistan per eliminare 'bersagli puntiformi', che sono stati colpiti con errori di metri. Con armi del genere, in effetti, non è più realmente necessario un bombardamento a tappeto di circa 1 km2 come accadeva con gli ordigni precedenti. La vera difficoltà è reperire i soldi per rimpiazzare le vecchie scorte di munizioni con queste nuove, e vale sopratutto per l'artiglieria visto che l'aviazione oramai impiega armi come le JDAM, sempre guidate dal GPS.

Immigrati clandestini

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Approvata da parte della Commissione Esteri e difesa della Knesset una prima lettura della bozza di legge che punisce con il carcere gli immigrati clandestini. Hanno votato in 20 a favore contro uno contrario per questa proposta di legge che punisce l'immigrazione clandestina con 5 anni di prigione, 7 se si proviene da un Paese 'nemico' come il Sudan. Se l'immigrato reitera il reato si arriverà rispettivamente a 7 e mezzo e a 10 anni, ma se si trovassero anche armi(per esempio, coltelli) si potrebbe anche arrivare a 20 anni di prigione. La polizia potrebbe inoltre trattenere i sospetti fino a 96 ore senza autorizzazione e 18 giorni in custodia senza formulare accuse specifiche. Il tutto non ha suscitato molte critiche, forse perché l'attenzione è maggiormente concentrata sulla Palestina, o perché si temono ulteriori immigrazioni in forze dal Darfur, da dove già in 20.000 sono arrivati negli ultimi 15 mesi, alla disperata ricerca di un Paese ricco in cui sopravvivere e mandare aiuti alla propria famiglia. Non è stata una decisione unanime, in quanto l'unico che ha votato contro, il deputato comunista Dov Khenin ha commentato: «E' assurdo che ad occuparsi di immigrazione sia la commissione esteri e difesa della Knesset, abbiamo bisogno di una legge completamente diversa, che non neghi ma tuteli i diritti dei rifugiati politici».