Turchia, l'AKP di Erdoğan vince le elezioni politiche

lunedì 23 luglio 2007

L'AKP (Adalet ve Kalkınma Partisi, Partito per la Giustizia e lo Sviluppo) guidato dal premier turco uscente Tayyip Erdoğan, ha riportato la maggioranza assoluta dei 550 seggi del parlamento turco nelle elezioni politiche di domenica 22 luglio.

Il partito, di ispirazione islamica moderata, si colloca nel centro-destra dell'arco costituzionale turco, e ha conseguito una percentuale per adesso stimata al 47,78% che, con il sistema elettorale che sbarra la strada ai partiti che non raggiungano il 10% dei suffragi, gli permette di avere la maggioranza assoluta al parlamento, con circa 340 deputati, sufficienti a governare ma non a fare modifiche costituzionali o eleggere in proprio il nuovo presidente della Repubblica (per le quali occorre la maggioranza dei due terzi del Parlamento, 367 seggi). Gli altri partiti rappresentati in Parlamento sono il CHP (Cumhuriyet Halk Partisi, Partito Repubblicano del Popolo, partito laico di sinistra) con il 20,86% (circa 130-140 seggi), e il MHP (Milliyetçi Hareket Partisi, Movimento Nazionalista, partito nazionalista laico di destra) con il 14,85% (70-80 seggi). 24 seggi sono andati pure agli esponenti della sinistra curda, eletti come indipendenti nel DTP (Demokratik Toplum Partisi, Partito sociale democratico).

Un seggio elettorale turco durante le elezioni del 22 luglio

La consultazione si era resa necessaria per rieleggere il Parlamento, sciolto dopo il muro contro muro con i vertici militari dell'esercito turco. Questi, infatti, nell'aprile scorso avevano posto un veto di fatto alla candidatura a presidente della Repubblica del filo-islamico dell'AKP Abdullah Gül. I militari, che avevano visto nell'eventuale occupazione delle tre cariche più alte dello Stato da parte di esponenti di un partito dichiaratamente confessionalista una minaccia alla laicità dello Stato, avevano sollevato un conflitto sia politico-istituzionale che costituzionale (di fronte alla suprema Corte). L'esercito, in Turchia, sebbene formalmente sottoposto al controllo politico, è un'istituzione che per prerogativa costituzionale ha poteri abbastanza ampi: la Costituzione voluta da Kemal Atatürk, oltre ad affidare la propria autotutela alle Forze Armate del Paese, le designa esplicitamente quali «custodi della laicità dello Stato». Proprio in base a questa prerogativa, le Forze Armate sono di fatto un interlocutore politico del quale è praticamente impossibile ignorare il parere[1]. Nel 1980, sebbene in chiave anticomunismo e anti-curda vi fu un colpo di Stato ritenuto perfettamente legittimo grazie al potere d'intervento riconosciuto all'esercito; vista anche l'approvazione dell'operato dell'esercito mostrata durante una grande manifestazione ad Ankara a fine aprile, Erdogan ha preferito chiedere lo scioglimento del Parlamento e nuove elezioni nella speranza di riuscire a guadagnare la maggioranza necessaria a riformare i punti della Costituzione che danno troppi poteri ai militari. Come detto, invece, la larga maggioranza ottenuta permetterà al suo partito di governare senza problemi, ma lo costringerà a cercare un compromesso per l’elezione del presidente della Repubblica, dal momento che non ha i numeri per eleggerlo, e che le altre formazioni politiche si richiamano direttamente o indirettamente - sia sinistra che nazionalisti - alla laicità dello Stato.

Probabilmente obbligato alla prudenza dall'esito del voto, che lo vede vincitore ma non trionfatore, Erdoğan ha tenuto un basso profilo dopo la proclamazione dei primi risultati, rimarcando che verrà percorsa la strada per l'integrazione europea e il Paese si batterà per l'ammissione nella UE, e che il suo partito si farà custode dei valori fondanti della repubblica turca.

Il clima elettorale è stato tutto sommato tranquillo, anche se non sono mancati scontri nella periferia del Paese, che hanno riguardato di massima i simpatizzanti dei due maggiori partiti, l'AKP e il MHP.

Note

Fonti