Troy Davis è stato giustiziato

giovedì 22 settembre 2011

Manifesto di protesta per l'esecuzione di Troy Davis

Troy Davis è stato giustiziato. Gli è stata praticata l'iniezione letale con quattro ore di ritardo a causa del suo appello alla Corte Suprema degli Stati Uniti, che ha respinto la richiesta. È stato dichiarato morto dopo otto minuti dall'iniezione sul lettino nella camera della morte della prigione di Jackson, Georgia. Intanto fuori dalla prigione e negli Stati Uniti centinaia di persone hanno vegliato affinché fosse risparmiata la vita a Troy. Insieme, divisi da un cordone di poliziotti, c'erano i sostenitori della pena capitale e la vedova del poliziotto che 22 anni fa, secondo l'accusa, sarebbe stato ucciso da Troy: «Siamo noi le vittime, non Davis. Abbiamo delle leggi, in questo Paese. Non uccidiamo Davis semplicemente perché vogliamo». «Siamo tornati a prima del Civil Rights Act del 1964. Siamo tornati a una nuova era di segregazione. I neri di questo Stato conoscono molto bene la sensazione», ha accusato il reverendo Raphael Warnock.

La storia di Davis è diventata un caso internazionale grazie ad associazioni ed organizzazioni che combattono per abolire la pena di morte. Una di esse è la celebre Amnesty International, che ha usato tale vicenda per mostrare le pecche e le incongruenze nel sistema giudiziario statunitense e nella scelta della condanna a morte.

Troy Davis, 42 anni, era accusato dell'omicidio di Mark MacPhail, un agente privato della sicurezza che una notte intervenne a Savannah, Georgia per difendere un senzatetto che veniva picchiato da un gruppo di ragazzini. Due colpi di una calibro 38, una al cuore e una in faccia. Morto all'istante. Alcune testimonianze identificarono l'assassino nell'allora 19enne Troy, che fu arrestato. Troy utilizzò precedentemente una calibro 38. Tuttavia, l'arma del delitto non venne più trovata.

Col passare del tempo, la perizia degli agenti balistici venne messa in discussione e sette dei nove testimoni chiave ritrattarono le loro accuse. In più vi furono accuse sulle pressioni da parte della polizia per incastrare Davis. Diverse petizioni furono firmate per risparmiare la vita a Troy, a causa di un quadro probatorio piuttosto debole. Alcune firme notevoli furono quelle dell'ex-presidente degli Stati Uniti Jimmy Carter, papa Benedetto XVI, dell'arcivescovo Desmond Tutu e un ex direttore dell'FBI.

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