Viaggio umanitario del CIS in Armenia: differenze tra le versioni

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intanto sistemo l'immagine, tutto il resto lo lascio a chi ne conosce più di me di wikinews
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|data = 25 Aprile 2019
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}}Ennesimo viaggio umanitario del CIS, questa volta in Armenia e Georgia. Mio cognato Vittorio, mio fratello Gian Carlo ed io, abbiamo guidato ambulanza, carica di vestiario con qualche apparecchiatura medica, da Canelli in Georgia; con il tradizionale caffè all' ospedale di Nizza Monferrato preparato dalle mie ex e brave infermiere. In serata imbarco a Brindisi su traghetto per Igoumenitsa in Grecia; arrivo all’alba e proseguimento su autostrada fino ad Ipsala, confine turco. Nota simpatica, per tutto il lunghissimo tratto autostradale greco, non abbiamo pagato il pedaggio, non è mai successo in Italia! Alla frontiera turca, per loro ritardi burocratici, siamo costretti a dormire la notte in ambulanza bloccata in dogana; fa molto freddo e non possiamo accendere il motore per far funzionare il riscaldamento. Arriviamo quindi ad Istanbul nella tarda serata del terzo giorno, essendo partiti dalla dogana turca alle 20,30. In questa metropoli con oltre 15 milioni di abitanti, traffico intenso seppur regolare. Anche qui altra nota simpatica: arrivando verso mezzanotte, il portiere di un hotel, non dove abbiamo prenotato, sapendo che veniamo dall’ Italia, si fa in mille per offrirci un’ottima ospitalità con caffè, thè e pasticcini. Si offre anche di guardarci il mezzo per tutto il suo turno notturno, rifiutando ogni compenso. Insistiamo per lasciargli del vino di Canelli. Grazie al navigatore del cellulare di Gian Carlo troviamo l’hotel in breve tempo. Mio fratello, nella fase di preparazione del viaggio, aveva domandato se si potesse passare da Goreme in Cappadocia. Sui primi non ero d’accordo, per non allungare il viaggio, poi ho finito con l’ accettare, ed ora non me ne pento perché è stata la tappa più bella. Dal centro di Sultanahmet un’ottima autostrada attraversa il Bosforo correndo sotto il mare.https://commons.wikimedia.org/wiki/Special:UploadWizard?uselang=it&wpDestFile=Https://commons.wikimedia.org/wiki/File:Istanbul_Tunnel_sotto_il_mare_dello_stretto_del_Bosforo.jpg In breve si raggiunge la Turchia asiatica ed Ankara, moderna città fondata da Ataturk. La visita di Goreme ci fa restare col fiato sospeso, anche se la raggiungiamo che è ormai buio. Pernottamento in una camera ricavata dentro uno degli innumerevoli pinnacoli di tufo che conferiscono al luogo un’ atmosfera fiabesca. Appena arrivati, per la stanchezza dimentico la cartella con tutti i documenti doganali, sopra una panchina vicino l’ambulanza. Gian Carlo propone di cenare fuori, purtroppo però al rientro in hotel, ci perdiamo nei mille anfratti del centro; le persone incontrate, cui ci rivolgiamo, sono tutte turiste, e non sanno aiutarci, persino una coppia di Lecce, tenta invano di trovare il nostro hotel. A quell’ ora, i locali dormono; per caso vediamo l’ambulanza parcheggiata in una piazzuola, siamo salvi! Sul parabrezza dell'ambulanza, fermata dal tergicristallo, troviamo la cartellina con tutti i documenti doganali. Non siamo proprio in Italia! A colazione facciamo la conoscenza di una simpatica coppia greca trentenne che, partita da Atene in bicicletta, vuole arrivare vicino alla Cina in circa 6 mesi, per poi tornare indietro. Certo che, sia la ragazza che il suo accompagnatore hanno il fisico longilineo e tanto tempo da girare. Il mattino dopo partiamo per Trebisonda, sul mar Nero. Ci arriviamo in nottata saltando anche qui cena. Unico imprevisto, un valico ad oltre duemila metri, non ben segnato sulla cartina e che ci accoglie ammantato di neve. Sembra di essere sullo Stelvio, con muri di neve ai lati della strada, non passa nessuno, c’è nebbia e tanto buio, ma almeno la strada è ben percorribile. Ci vengono in mente tristi pensieri, ma non lo diciamo; se avessimo un guasto meccanico? Meglio non pensarci. In questo tratto di strada non facile, ha guidato Vittorio, con grande maestria. Ripartiamo il mattino presto in una piovosa giornata. Abbiamo fatto di tutto per rispettare i tempi, infatti alle 10 siamo in dogana. Superiamo una lunga fila di camion e dopo un’ora di dogana in uscita dalla Turchia, entriamo in Georgia. Qui l’attesa è snervante; il personale si lamenta di qualche bottiglia di vino di troppo e di due borse di vestiti usati non dichiarati sulla lista. Pesano e controllano minuziosamente tutto. Non resisto più alle loro lungaggini, sbotto arrabbiato; mi sono accorto che i numerosi pulmann stranieri vengono sdoganati in breve tempo, mentre noi siamo ancora lì fermi. Forse qualcuno si è mosso, cercano di calmarmi! Sono stanco e stufo! Possibile che anche dopo aver portato loro una ottima ambulanza della Aricar-Olmedo, colma di vestiti nuovi tranne quei due pacchi, ed aver regalato loro il tutto, siano ancora lì a rimproverarci per delle inezie? Con tutto quello che abbiamo passato, possibile che non ci sia nessuno con un po’ di buon senso? No, non c’è! Dopo oltre 3-4 ore ripartiamo, ma ci sigillano il carico e dobbiamo sistemarci tutti e tre davanti con il nostro bagaglio; creiamo un terzo posto di fortuna con gli zaini. Vittorio e Gian Carlo cercano in mille modi di chiudere la porticina scorrevole fra il posto guida e la zona posteriore dell’ambulanza. I doganieri insistono di chiuderla per poterci piombare il carico, per fortuna risolviamo poi il problema. Per i prossimi ed ultimi 400 km, dovremmo rassegnarci a viaggiare così, uno seduto a turno sugli zaini, sperando che la polizia non ci fermi! Pazienza, siamo quasi arrivati. Appena entrati in Georgia, a Batumi, ridente località sul mar Nero, Vittorio acquista una sim card per telefonare a casa dal suo cellulare; finalmente riesce a fare una telefonata, ma dopo pranzo quando ripartiamo, tenta di riparlare ancora con casa, la scheda è scarica, lui si stupisce, noi no, perché non essendo abituato, fa delle telefonate fiume, pensando di essere in Italia. Qui le strade sono pessime, con numerose buche; Vittorio, neofilo di questi viaggi, si stupisce di trovare sulla strada mucche, capre, cani, completamente liberi di girare senza alcun padrone. Negli ultimi 50-60 km c’è l’autostrada. Verso le undici di sera siamo a Tbilisi; contatto David, che ci viene incontro per scortarci alla Caritas della città, capitale della Georgia. Finalmente siamo arrivati. A quest’ora negli uffici non c’è più nessuno, ma David ci offre un caffè caldo con biscotti. Siamo più stanchi che affamati, in breve ci addormentiamo nelle calde camere che ci hanno preparato, non prima però di avvertire le nostre famiglie dell’arrivo. Il mattino alle 8,30 siamo già svegli e pimpanti negli uffici dove incontriamo il personale addetto, e con cui facciamo colazione; rivedo volentieri la mamma di David, onnipresente ed attenta impiegata della Caritas. Per un mio incauto salire le scale carico di pacchi, urto violentemente il capo contro uno spigolo, faccio difficoltà a fermare l’emorragia, devo applicare un antiestetico cerotto. Per pranzo viene a prenderci la Direttrice della Caritas signora Anhait Mkhoyan che ci ringrazia per quanto abbiamo portato e ci invita a pranzo. Ci servono anche un fagottino di pasta ripieno di carne e verdure che galleggiano nel brodo, non è facile mangiarlo senza sbrodolarsi, ma è molto buono. La sera è la volta del mitico padre Witold, che viene a prenderci per portarci a cena in un elegante ristorante. I due giorni successivi li trascorriamo visitando le varie attività della Caritas, con una breve ed interessante visita, organizzata da padre Witold all’antica capitale Mtshketa poco fuori città. Il padre, è un personaggio in Georgia, e non solo lì. Grande amico di papa Woityla, segretario per anni del nunzio, poliglotta, polacco di nascita, ha diretto per 18 anni la Caritas a Tbilisi, aprendo: una panetteria, inaugurata dall’allora presidente della nazione Schevarnadze, un’officina meccanica, un laboratorio di produzione di tappeti e manufatti artigianali, una falegnameria, un grande negozio alimentare con tavola calda inclusa…..E’ molto amico del patriarca ortodosso che cerca di aiutare secondo i dettami del papa polacco: " nessun proselitismo con gli ortodossi, leale collaborazione per avere ottimi cattolici ed ottimi ortodossi ". Purtroppo questa sua scelta, non essendoci più papa Woityla, l’ha pagata cara. Frequenta molto l’Italia dove è amico in particolare di Ernesto Olivero, fondatore del Sermig a Torino. Attualmente il padre si occupa di assistere i poveri verso cui dimostra una particolare attenzione e sensibilità, mista ad un tatto non comune. Ha fondato una associazione in città: “ Insieme per il prossimo ”. Visitiamo l’Ambasciata italiana di Tbilisi, dove siamo accolti in modo familiare dall’ Ambasciatore dottor Antonio Bartoli, sensibile ed attivo diplomatico, che ci rappresenta molto bene. Anche Vittorio e Gian Carlo con il distintivo del CIS sul maglione, sembrano due figurini! Purtroppo il giorno successivo alla nostra visita, la dogana di Tbilisi ci informa che il mezzo non può venire sdoganato per alcune mie imprecisioni della packing list; anche qui si lamentano del vino non aggiunto in lista e delle due borse di vestiti usati e non disinfettati. In pratica io non potrei uscire dalla Georgia fino ad accertamenti eseguiti; minacciano di distruggerci il carico, vogliono farci pagare una multa di circa 7-800 euro. Assurdo. L’ambasciatore, con la Sua collaboratrice Paola Giustibelli, in qualche ora risolvono la questione; paghiamo poi solo 70 euro. Ripartiamo così in pulmann per l’Armenia, ultima tappa di questo burrascoso e non facile viaggio. L’ambulanza è ferma in dogana a Tbilisi in attesa delle pratiche di iscrizione al loro PRA. Purtroppo si sono tenuti le targhe ed il libretto in originale, nonostante le mie rimostranze. Il viaggio fino a Gyumri in Armenia dura 5 ore, l’itinerario di circa 240 km si snoda in terreno prevalentemente montuoso completamente ricoperto di neve. Il prezzo del biglietto per noi è molto conveniente: 8 euro. Lungo la strada vediamo numerose industrie metallurgiche abbandonate, in una di queste ci dicono avesse lavorato come dirigente il papà di Charles De Gaulle. Scattiamo numerose fotografie per cercare di fermare nella memoria questi bei posti; un ragazzo gentilmente si presta a telefonare al proprietario dell’agriturismo presso cui abbiamo prenotato le camere a mezza pensione, avvertendolo dell’ora di arrivo. Infatti, puntualissimo Arman, questo il suo nome, ci accoglie festoso alla stazione dei pulmann, ci porta a visitare il centro storico ricco di chiese risalenti all’ anno mille od anche prima. In questa nazione, la religione praticata è quella cattolica di rito armeno; nella piazza principale la fanno da padrone due bellissime chiese antiche. Comperiamo anche del vino locale, quello da noi portato dall’ Italia è ancora fermo in ambulanza alla dogana di Tbilisi. La famiglia che ci ospita, è composta da genitori ed una coppia di figli di 12-16 anni, studenti. Siamo capitati in una bella e cordiale famiglia, unita. La cena è molto varia, con piatti di carne, verdure e sughi vari non troppo speziati; il pane è fatto in casa come anche il dolce, la frutta abbonda. Anche Vittorio e Gian Carlo apprezzano la buona ospitalità, e per cena non faranno mai mancare una buona bottiglia di vino armeno. Un caldo riposo ci aspetta dopo cena. Il giorno dopo siamo alla Caritas e conosciamo la direttrice signora Anhait Georgyan; visitiamo molte realtà come il centro per bambini con handicap finanziato dalla Caritas austriaca, il centro per anziani soli, le ragazze madri, i ragazzi di strada, ed un villaggio con numerose famiglie che vivono in container dal 1988, anno del terremoto. Sembra di essere nel nostro Belice! Ci portano anche a visitare un bellissimo sito dell’anno 900, composto da una chiesa sempre di rito armeno cattolico, con avanzi di un’altra costruzione religiosa di cento anni prima. Stupisce la descrizione anche in lingua italiana. Visita d’obbligo al nostro Consolato, dove un simpatico e curioso personaggio ci accoglie benevolmente: ma è il Console! Persona di grande sensibilità e senso pratico, qualità queste che raramente si trovano nella stessa persona. Anche qui, come avevamo fatto a Tbilisi, la sera teniamo un collegamento con radio Veronica One di Torino; la brava e sensibile Stefania ci stupisce sempre. Acquistati i regali e spese le ultime dram, ci addormentiamo contenti di aver terminato il nostro viaggio. Il mattino successivo alle 4 viene a prenderci il taxi, Arman ci accompagna all’ aeroporto di Yerevan, capitale dell’Armenia. Lungo la strada vediamo cicogne appollaiate nel nido con qualche piccolo. Il monte Ararat 5165 metri si staglia nitido completamente innevato, sembra voglia proteggere la capitale. Ci affiorano alla mente numerosi ricordi, tantissimi visi, ricordo un camionista toscano, ma rumeno di nascita, incontrato in un momento difficile al confine turco, che ci ha offerto un buon caffè italiano, fatto con la sua macchinetta, un autista armeno che vive in Francia, capita la nostra situazione critica, ci offre la colazione alla dogana turca; gli regaliamo del vino. Rivediamo Il viso di tanti bambini allegri, abituati a vivere in un posto bellissimo, semplice e povero. Padre Witvold a Tbilisi ci aveva portati a visitare una vedova 86 enne, cieca e sola, che viveva in una stamberga rosicchiata dai topi; appena ha saputo che eravamo italiani, le è venuta alla mente la costa Amalfitana e Sanremo, conosciute solo sui giornali. Certo che in Italia, tutto sommato, si sta ancora bene! Ringrazio Vittorio e Gian Carlo per il costante ed insostituibile aiuto prestato, e per aver condiviso gioie e momenti difficili in tutti questi 14 giorni. Pier
 
Ennesimo viaggio umanitario del CIS, questa volta in Armenia e Georgia. Mio cognato Vittorio, mio fratello Gian Carlo ed io, abbiamo guidato ambulanza, carica di vestiario con qualche apparecchiatura medica, da Canelli in Georgia; con il tradizionale caffè all' ospedale di Nizza Monferrato preparato dalle mie ex e brave infermiere. In serata imbarco a Brindisi su traghetto per Igoumenitsa in Grecia; arrivo all’alba e proseguimento su autostrada fino ad Ipsala, confine turco. Nota simpatica, per tutto il lunghissimo tratto autostradale greco, non abbiamo pagato il pedaggio, non è mai successo in Italia! Alla frontiera turca, per loro ritardi burocratici, siamo costretti a dormire la notte in ambulanza bloccata in dogana; fa molto freddo e non possiamo accendere il motore per far funzionare il riscaldamento. Arriviamo quindi ad Istanbul nella tarda serata del terzo giorno, essendo partiti dalla dogana turca alle 20,30. In questa metropoli con oltre 15 milioni di abitanti, traffico intenso seppur regolare. Anche qui altra nota simpatica: arrivando verso mezzanotte, il portiere di un hotel, non dove abbiamo prenotato, sapendo che veniamo dall’ Italia, si fa in mille per offrirci un’ottima ospitalità con caffè, thè e pasticcini. Si offre anche di guardarci il mezzo per tutto il suo turno notturno, rifiutando ogni compenso. Insistiamo per lasciargli del vino di Canelli. Grazie al navigatore del cellulare di Gian Carlo troviamo l’hotel in breve tempo. Mio fratello, nella fase di preparazione del viaggio, aveva domandato se si potesse passare da Goreme in Cappadocia. Sui primi non ero d’accordo, per non allungare il viaggio, poi ho finito con l’ accettare, ed ora non me ne pento perché è stata la tappa più bella. Dal centro di Sultanahmet un’ottima autostrada attraversa il Bosforo correndo sotto il mare.
 
[[File:Istanbul_Tunnel_sotto_il_mare_dello_stretto_del_Bosforo.jpg|350px|sinistra|thumb|Tunnel sotto lo stretto del Bosforo]]
}}Ennesimo viaggio umanitario del CIS, questa volta in Armenia e Georgia. Mio cognato Vittorio, mio fratello Gian Carlo ed io, abbiamo guidato ambulanza, carica di vestiario con qualche apparecchiatura medica, da Canelli in Georgia; con il tradizionale caffè all' ospedale di Nizza Monferrato preparato dalle mie ex e brave infermiere. In serata imbarco a Brindisi su traghetto per Igoumenitsa in Grecia; arrivo all’alba e proseguimento su autostrada fino ad Ipsala, confine turco. Nota simpatica, per tutto il lunghissimo tratto autostradale greco, non abbiamo pagato il pedaggio, non è mai successo in Italia! Alla frontiera turca, per loro ritardi burocratici, siamo costretti a dormire la notte in ambulanza bloccata in dogana; fa molto freddo e non possiamo accendere il motore per far funzionare il riscaldamento. Arriviamo quindi ad Istanbul nella tarda serata del terzo giorno, essendo partiti dalla dogana turca alle 20,30. In questa metropoli con oltre 15 milioni di abitanti, traffico intenso seppur regolare. Anche qui altra nota simpatica: arrivando verso mezzanotte, il portiere di un hotel, non dove abbiamo prenotato, sapendo che veniamo dall’ Italia, si fa in mille per offrirci un’ottima ospitalità con caffè, thè e pasticcini. Si offre anche di guardarci il mezzo per tutto il suo turno notturno, rifiutando ogni compenso. Insistiamo per lasciargli del vino di Canelli. Grazie al navigatore del cellulare di Gian Carlo troviamo l’hotel in breve tempo. Mio fratello, nella fase di preparazione del viaggio, aveva domandato se si potesse passare da Goreme in Cappadocia. Sui primi non ero d’accordo, per non allungare il viaggio, poi ho finito con l’ accettare, ed ora non me ne pento perché è stata la tappa più bella. Dal centro di Sultanahmet un’ottima autostrada attraversa il Bosforo correndo sotto il mare.https://commons.wikimedia.org/wiki/Special:UploadWizard?uselang=it&wpDestFile=Https://commons.wikimedia.org/wiki/File:Istanbul_Tunnel_sotto_il_mare_dello_stretto_del_Bosforo.jpg In breve si raggiunge la Turchia asiatica ed Ankara, moderna città fondata da Ataturk. La visita di Goreme ci fa restare col fiato sospeso, anche se la raggiungiamo che è ormai buio. Pernottamento in una camera ricavata dentro uno degli innumerevoli pinnacoli di tufo che conferiscono al luogo un’ atmosfera fiabesca. Appena arrivati, per la stanchezza dimentico la cartella con tutti i documenti doganali, sopra una panchina vicino l’ambulanza. Gian Carlo propone di cenare fuori, purtroppo però al rientro in hotel, ci perdiamo nei mille anfratti del centro; le persone incontrate, cui ci rivolgiamo, sono tutte turiste, e non sanno aiutarci, persino una coppia di Lecce, tenta invano di trovare il nostro hotel. A quell’ ora, i locali dormono; per caso vediamo l’ambulanza parcheggiata in una piazzuola, siamo salvi! Sul parabrezza dell'ambulanza, fermata dal tergicristallo, troviamo la cartellina con tutti i documenti doganali. Non siamo proprio in Italia! A colazione facciamo la conoscenza di una simpatica coppia greca trentenne che, partita da Atene in bicicletta, vuole arrivare vicino alla Cina in circa 6 mesi, per poi tornare indietro. Certo che, sia la ragazza che il suo accompagnatore hanno il fisico longilineo e tanto tempo da girare. Il mattino dopo partiamo per Trebisonda, sul mar Nero. Ci arriviamo in nottata saltando anche qui cena. Unico imprevisto, un valico ad oltre duemila metri, non ben segnato sulla cartina e che ci accoglie ammantato di neve. Sembra di essere sullo Stelvio, con muri di neve ai lati della strada, non passa nessuno, c’è nebbia e tanto buio, ma almeno la strada è ben percorribile. Ci vengono in mente tristi pensieri, ma non lo diciamo; se avessimo un guasto meccanico? Meglio non pensarci. In questo tratto di strada non facile, ha guidato Vittorio, con grande maestria. Ripartiamo il mattino presto in una piovosa giornata. Abbiamo fatto di tutto per rispettare i tempi, infatti alle 10 siamo in dogana. Superiamo una lunga fila di camion e dopo un’ora di dogana in uscita dalla Turchia, entriamo in Georgia. Qui l’attesa è snervante; il personale si lamenta di qualche bottiglia di vino di troppo e di due borse di vestiti usati non dichiarati sulla lista. Pesano e controllano minuziosamente tutto. Non resisto più alle loro lungaggini, sbotto arrabbiato; mi sono accorto che i numerosi pulmann stranieri vengono sdoganati in breve tempo, mentre noi siamo ancora lì fermi. Forse qualcuno si è mosso, cercano di calmarmi! Sono stanco e stufo! Possibile che anche dopo aver portato loro una ottima ambulanza della Aricar-Olmedo, colma di vestiti nuovi tranne quei due pacchi, ed aver regalato loro il tutto, siano ancora lì a rimproverarci per delle inezie? Con tutto quello che abbiamo passato, possibile che non ci sia nessuno con un po’ di buon senso? No, non c’è! Dopo oltre 3-4 ore ripartiamo, ma ci sigillano il carico e dobbiamo sistemarci tutti e tre davanti con il nostro bagaglio; creiamo un terzo posto di fortuna con gli zaini. Vittorio e Gian Carlo cercano in mille modi di chiudere la porticina scorrevole fra il posto guida e la zona posteriore dell’ambulanza. I doganieri insistono di chiuderla per poterci piombare il carico, per fortuna risolviamo poi il problema. Per i prossimi ed ultimi 400 km, dovremmo rassegnarci a viaggiare così, uno seduto a turno sugli zaini, sperando che la polizia non ci fermi! Pazienza, siamo quasi arrivati. Appena entrati in Georgia, a Batumi, ridente località sul mar Nero, Vittorio acquista una sim card per telefonare a casa dal suo cellulare; finalmente riesce a fare una telefonata, ma dopo pranzo quando ripartiamo, tenta di riparlare ancora con casa, la scheda è scarica, lui si stupisce, noi no, perché non essendo abituato, fa delle telefonate fiume, pensando di essere in Italia. Qui le strade sono pessime, con numerose buche; Vittorio, neofilo di questi viaggi, si stupisce di trovare sulla strada mucche, capre, cani, completamente liberi di girare senza alcun padrone. Negli ultimi 50-60 km c’è l’autostrada. Verso le undici di sera siamo a Tbilisi; contatto David, che ci viene incontro per scortarci alla Caritas della città, capitale della Georgia. Finalmente siamo arrivati. A quest’ora negli uffici non c’è più nessuno, ma David ci offre un caffè caldo con biscotti. Siamo più stanchi che affamati, in breve ci addormentiamo nelle calde camere che ci hanno preparato, non prima però di avvertire le nostre famiglie dell’arrivo. Il mattino alle 8,30 siamo già svegli e pimpanti negli uffici dove incontriamo il personale addetto, e con cui facciamo colazione; rivedo volentieri la mamma di David, onnipresente ed attenta impiegata della Caritas. Per un mio incauto salire le scale carico di pacchi, urto violentemente il capo contro uno spigolo, faccio difficoltà a fermare l’emorragia, devo applicare un antiestetico cerotto. Per pranzo viene a prenderci la Direttrice della Caritas signora Anhait Mkhoyan che ci ringrazia per quanto abbiamo portato e ci invita a pranzo. Ci servono anche un fagottino di pasta ripieno di carne e verdure che galleggiano nel brodo, non è facile mangiarlo senza sbrodolarsi, ma è molto buono. La sera è la volta del mitico padre Witold, che viene a prenderci per portarci a cena in un elegante ristorante. I due giorni successivi li trascorriamo visitando le varie attività della Caritas, con una breve ed interessante visita, organizzata da padre Witold all’antica capitale Mtshketa poco fuori città. Il padre, è un personaggio in Georgia, e non solo lì. Grande amico di papa Woityla, segretario per anni del nunzio, poliglotta, polacco di nascita, ha diretto per 18 anni la Caritas a Tbilisi, aprendo: una panetteria, inaugurata dall’allora presidente della nazione Schevarnadze, un’officina meccanica, un laboratorio di produzione di tappeti e manufatti artigianali, una falegnameria, un grande negozio alimentare con tavola calda inclusa…..E’ molto amico del patriarca ortodosso che cerca di aiutare secondo i dettami del papa polacco: " nessun proselitismo con gli ortodossi, leale collaborazione per avere ottimi cattolici ed ottimi ortodossi ". Purtroppo questa sua scelta, non essendoci più papa Woityla, l’ha pagata cara. Frequenta molto l’Italia dove è amico in particolare di Ernesto Olivero, fondatore del Sermig a Torino. Attualmente il padre si occupa di assistere i poveri verso cui dimostra una particolare attenzione e sensibilità, mista ad un tatto non comune. Ha fondato una associazione in città: “ Insieme per il prossimo ”. Visitiamo l’Ambasciata italiana di Tbilisi, dove siamo accolti in modo familiare dall’ Ambasciatore dottor Antonio Bartoli, sensibile ed attivo diplomatico, che ci rappresenta molto bene. Anche Vittorio e Gian Carlo con il distintivo del CIS sul maglione, sembrano due figurini! Purtroppo il giorno successivo alla nostra visita, la dogana di Tbilisi ci informa che il mezzo non può venire sdoganato per alcune mie imprecisioni della packing list; anche qui si lamentano del vino non aggiunto in lista e delle due borse di vestiti usati e non disinfettati. In pratica io non potrei uscire dalla Georgia fino ad accertamenti eseguiti; minacciano di distruggerci il carico, vogliono farci pagare una multa di circa 7-800 euro. Assurdo. L’ambasciatore, con la Sua collaboratrice Paola Giustibelli, in qualche ora risolvono la questione; paghiamo poi solo 70 euro. Ripartiamo così in pulmann per l’Armenia, ultima tappa di questo burrascoso e non facile viaggio. L’ambulanza è ferma in dogana a Tbilisi in attesa delle pratiche di iscrizione al loro PRA. Purtroppo si sono tenuti le targhe ed il libretto in originale, nonostante le mie rimostranze. Il viaggio fino a Gyumri in Armenia dura 5 ore, l’itinerario di circa 240 km si snoda in terreno prevalentemente montuoso completamente ricoperto di neve. Il prezzo del biglietto per noi è molto conveniente: 8 euro. Lungo la strada vediamo numerose industrie metallurgiche abbandonate, in una di queste ci dicono avesse lavorato come dirigente il papà di Charles De Gaulle. Scattiamo numerose fotografie per cercare di fermare nella memoria questi bei posti; un ragazzo gentilmente si presta a telefonare al proprietario dell’agriturismo presso cui abbiamo prenotato le camere a mezza pensione, avvertendolo dell’ora di arrivo. Infatti, puntualissimo Arman, questo il suo nome, ci accoglie festoso alla stazione dei pulmann, ci porta a visitare il centro storico ricco di chiese risalenti all’ anno mille od anche prima. In questa nazione, la religione praticata è quella cattolica di rito armeno; nella piazza principale la fanno da padrone due bellissime chiese antiche. Comperiamo anche del vino locale, quello da noi portato dall’ Italia è ancora fermo in ambulanza alla dogana di Tbilisi. La famiglia che ci ospita, è composta da genitori ed una coppia di figli di 12-16 anni, studenti. Siamo capitati in una bella e cordiale famiglia, unita. La cena è molto varia, con piatti di carne, verdure e sughi vari non troppo speziati; il pane è fatto in casa come anche il dolce, la frutta abbonda. Anche Vittorio e Gian Carlo apprezzano la buona ospitalità, e per cena non faranno mai mancare una buona bottiglia di vino armeno. Un caldo riposo ci aspetta dopo cena. Il giorno dopo siamo alla Caritas e conosciamo la direttrice signora Anhait Georgyan; visitiamo molte realtà come il centro per bambini con handicap finanziato dalla Caritas austriaca, il centro per anziani soli, le ragazze madri, i ragazzi di strada, ed un villaggio con numerose famiglie che vivono in container dal 1988, anno del terremoto. Sembra di essere nel nostro Belice! Ci portano anche a visitare un bellissimo sito dell’anno 900, composto da una chiesa sempre di rito armeno cattolico, con avanzi di un’altra costruzione religiosa di cento anni prima. Stupisce la descrizione anche in lingua italiana. Visita d’obbligo al nostro Consolato, dove un simpatico e curioso personaggio ci accoglie benevolmente: ma è il Console! Persona di grande sensibilità e senso pratico, qualità queste che raramente si trovano nella stessa persona. Anche qui, come avevamo fatto a Tbilisi, la sera teniamo un collegamento con radio Veronica One di Torino; la brava e sensibile Stefania ci stupisce sempre. Acquistati i regali e spese le ultime dram, ci addormentiamo contenti di aver terminato il nostro viaggio. Il mattino successivo alle 4 viene a prenderci il taxi, Arman ci accompagna all’ aeroporto di Yerevan, capitale dell’Armenia. Lungo la strada vediamo cicogne appollaiate nel nido con qualche piccolo. Il monte Ararat 5165 metri si staglia nitido completamente innevato, sembra voglia proteggere la capitale. Ci affiorano alla mente numerosi ricordi, tantissimi visi, ricordo un camionista toscano, ma rumeno di nascita, incontrato in un momento difficile al confine turco, che ci ha offerto un buon caffè italiano, fatto con la sua macchinetta, un autista armeno che vive in Francia, capita la nostra situazione critica, ci offre la colazione alla dogana turca; gli regaliamo del vino. Rivediamo Il viso di tanti bambini allegri, abituati a vivere in un posto bellissimo, semplice e povero. Padre Witvold a Tbilisi ci aveva portati a visitare una vedova 86 enne, cieca e sola, che viveva in una stamberga rosicchiata dai topi; appena ha saputo che eravamo italiani, le è venuta alla mente la costa Amalfitana e Sanremo, conosciute solo sui giornali. Certo che in Italia, tutto sommato, si sta ancora bene! Ringrazio Vittorio e Gian Carlo per il costante ed insostituibile aiuto prestato, e per aver condiviso gioie e momenti difficili in tutti questi 14 giorni. Pier