Myanmar: voci di spaccatura nella giunta militare

venerdì 28 settembre 2007

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Continua la protesta in Myanmar, nonostante gli arresti di massa e gli spari dei militari ad altezza d'uomo sulla folla. Migliaia di manifestanti sono tornati nelle strade della capitale Rangoon, nonostante il coprifuoco e la minaccia dei militari di sparare ancora. I soldati hanno tuttavia disperso la folla che cercava di riunirsi attraverso cariche e lancio di lacrimogeni. Avviate anche perquisizioni nella abitazioni nei pressi della pagoda di Sule.

Ma si parla di spaccatura all'interno della giunta militare. Secondo quanto riporta il sito di esuli birmani «Mizzima News» e poi anche da Aki-Adnkronos dall'ex-segretario agli Affari esteri Soe Win, «la brigata 66 dell'esercito regolare si è unita ai manifestanti», mentre il generale di Brigata Tin Tun Aung «non darà seguito all'ordine di sparare». Inoltre il comando che dirige il sud est del Paese si sarebbe schierato apertamente in conflitto con l'autorità centrale.

Secondo la radio russa «Eco di Mosca», inoltre, citando giornalisti locali, nella città di Mandalay, la seconda del Paese, ci sono stati scontri fra militari, e alcuni reparti avrebbero deciso di non uscire dalle caserme. Sempre secondo altre voci, il generale Hla Htey Win sarebbe stato arrestato perché gli uomini al suo comando si sarebbero rifiutati di sparare. Mizzima News precisa anche che altre unità dell'esercito, in uno stato di non meglio precisata agitazione, starebbero recandosi nella capitale, ma «non è chiaro se le truppe stiano marciando come rinforzi o per opporsi alle truppe che hanno sparato sui monaci».

Intanto il numero delle vittime ufficiale rimane a dieci, ma secondo l'ambasciatore d'Australia nell'ex Birmania, Bob Davis, i cadaveri che sono stati visti recuperare sarebbe «parecchie volte il multiplo» di dieci. Le famiglie dei defunti, infatti, sarebbero state costrette a dichiarare che i congiunti sono deceduti per cause naturali.

Fonti