La Curia di Viterbo nega il matrimonio a un paraplegico

sabato 7 giugno 2008

Il vescovo di Viterbo Lorenzo Chiarinelli ha negato il matrimonio religioso a una coppia di venticinquenni per «impotenza copulativa» del ragazzo, divenuto paraplegico in un incidente. La vicenda ha inizio quando i due giovani viterbesi, dopo qualche anno di fidanzamento, decidono di sposarsi, ma lui, a due mesi dalle nozze, è coinvolto in un incidente stradale, riportando un danno alla spina dorsale e perdendo l'uso degli arti inferiori.

I due decidono nonostante tutto di rispettare l'impegno preso, e comunicano al loro parroco l'intenzione di convolare a nozze nella data prestabilita. In risposta, il prete richiede loro una dichiarazione scritta di consapevolezza dei rischi a cui potrebbero andare incontro, che i due accettano di compilare. Tale documento viene poi sottoposto all'attenzione del vescovo Chiarinelli; in risposta, secondo quanto sostengono i familiari dei giovani, la Curia nega loro il matrimonio poiché probabilmente compromessa la capacità di procreazione di lui.

I due si sono comunque sposati con rito civile; la cerimonia si è svolta questa mattina nell'ospedale Cto di Roma, dov'è ricoverato l'uomo, ed è stata celebrata da Ugo Sposetti, deputato e consigliere Ds di Viterbo, su delega del sindaco Giulio Marini. Presente anche il parroco dei due; è stata poi organizzata una festa di nozze, alla quale sono stati invitati i pazienti e il personale sanitario dell'ospedale.

La Curia di Viterbo fa comunque sapere, in una nota, che "i termini della questione non sono quelli raccontati: a chi di dovere sono state offerte tutte le motivazioni di una realtà che non dipende né da discrezionalità né dall'intenzionalità dei soggetti" e che "tutto è stato fatto nella condivisione sincera della situazione e con ogni attenzione umana e cristiana. Il precetto d'amore di Cristo è per noi, sempre, norma di vita, nell'ordinario e nello straordinario".

La Curia non smentisce il no al sacramento, ma definisce tale rifiuto "condiviso" e "non soggetto a discrezionalità o intenzionalità", in quanto imposto dal diritto canonico; Chiarinelli non avrebbe quindi potuto agire in modo differente. "L'amarezza per il modo inadeguato e pretestuoso in cui è stata presentata la vicenda - conclude il vescovo - non fa che aumentare la solidarietà affettuosa per chi è in sofferenza e ricordare che la verità vi farà liberi".