Crisi dei mutui subprime: Tokyo tracolla

venerdì 17 agosto 2007

Sulla ondata di ribassi eccezionali che hanno colpito tutte le piazze azionarie del mondo, nessuna esclusa, per la crisi dei mutui subprime americani, il Nikkei, indice dei 225 titoli guida in Giappone, ha chiuso la seduta odierna con un calo pesantissimo, il peggiore dall'aprile del 2000.

Il Nikkei è sceso infatti a 15 273,68 punti, in ribasso di 874,81 punti, con una flessione percentuale del 5,42%.

Le borse europee, invece, hanno chiuso con forti rialzi generalizzati, intorno al 2-3%, recuperando in parte le grandi perdite della penultima giornata di contrattazioni della settimana.

Perché la crisi dei mutui

Negli Stati Uniti molti operatori hanno concesso mutui per l'acquisto della casa a soggetti considerati inaffidabili, incoraggiati ad ottenere finanziamenti da un basso costo del denaro.

Successivamente i tassi d'interesse sono cresciuti e questi debitori non sono più stati in grado di pagare le rate.

Le case sono state messe in vendita ma, per la prima volta nella storia, il mercato immobiliare americano ha subito un flessione; molte case sono rimaste invendute anche se i prezzi sono scesi fortemente.

Quindi ci sono dei soldi che sono stati prestati e che non torneranno nelle tasche dei creditori, ma chi sono questi creditori che subiranno delle perdite? Non si sa! Questo è il problema.

Perché le società e le banche che concedevano questi mutui, per evitare di perdere il denaro concesso in prestito hanno provveduto alla cartolarizzazione dei crediti, ovvero hanno ri-venduto tali mutui sotto forma di titoli derivati (CDO), presenti anche nel mercato finanziario italiano con l'acronimo di ABS (Asset backed securities).

Questi CDO vengono chiamati "titoli salsiccia" perché sono stati più volte impacchettati e mescolati con altri CDO tanto che non si riesce più a capire quali sono gli investimenti che rimarranno colpiti dalle perdite derivanti dai mutui insolventi.

Infatti le agenzie di rating hanno ritenuto tali strumenti affidabili spingendo così molti fondi comuni d'investimento ad acquistare CDO.

Quando i debitori si sono rivelati effettivamente insolventi, si sono rilevate due conseguenze:

  • le banche che non avevano ri-venduto tali debiti si sono ritrovate (o rischiano ancora di ritrovarsi) a corto di denaro contante (liquidità);
  • i fondi che avevano investito in tali strumenti si sono ritrovati (o rischiano ancora di ritrovarsi) con il valore dei CDO a livelli minimi, assai inferiori a quelli di acquisto.

Come risultato, alcune banche statunitensi esposte sui subprime - cioè sui muti concessi a soggetti inaffidabili - sono in difficoltà, in relazione a forti perdite in Borsa; altre sono addirittura già fallite.

Il rischio più preoccupante è quello del credit crunch: le banche in crisi non concederanno più prestiti, se non a tassi molto elevati, e questo potrà provocare una sensibile contrazione nell'erogazione dei mutui, capace in linea teorica di bloccare gli investimenti. Il rischio del credit crunch si è avverato nel 1929, con la grande depressione.

Inoltre c'è una generale sfiducia degli investitori che non sanno chi rimarrà colpito dalla crisi dei mutui subprime.

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