Approvata l'immunità per l'esercito in Turchia in azioni "contro il terrorismo"
2 luglio 2016
Turchia |
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Il 25 giugno è stata approvata dal parlamento turco l'immunità per i soldati turchi impegnati in operazioni anti-terrorismo, tra le quali rientra la campagna militare contro il PKK e i curdi in corso da luglio 2015.
I soldati potranno essere messi in stato di accusa per abusi e crimini compiuti solo con il via libera del governo, e potranno essere giudicati solo da tribunali militari.
La legge è retroattiva, quindi i tanti crimini denunciati nella guerra in corso contro il PKK, nella quale è stata pesantemente coinvolta la popolazione civile, potranno andare di fronte a un giudice solo con il consenso di Erdogan.
I comandanti militari potranno anche decidere perquisizioni e arresti senza passare per l'approvazione della magistratura.
La legge è stata approvata con i voti del partito di maggioranza AKP, dei nazionalisti del MHP, e del CHP, partito laico e di centro-sinistra.[1] Contrario il partito che riunisce la sinistra e i curdi, l'HDP.
L'ONU ha espresso la sua contrarietà a questa legge che giudica pericolosa.
Questa legge segue a distanza di un mese l'approvazione di un emendamento costituzionale che invece toglie l'immunità ai parlamentari, creando la paradossale situazione di dare l'immunità all'esercito e toglierla al tempo stesso ai parlamentari.[2] Entrambe queste leggi a giudizio di molti osservatori e della stampa internazionale sono dirette a limitare i diritti della minoranza curda e ad appoggiare la campagna militare in terra curda.
Un aspetto da mettere in evidenza di questa legge è che concede l'immunità anche alle "guardie di villaggio",[1] formazioni paramilitari composte da curdi e create dal governo turco nel lontano 1985 per creare divisioni all'interno della popolazione curda.
La limitazione dei diritti dei curdi procede a tutto campo: nell'aprile 2016 il governo aveva approvato una legge che prevede la possibilità di esproprio di interi quartieri nelle città curde sotto attacco militare da parte dell'esercito.[3][4] Il governo ha già avviato le procedure per l'esproprio dell'82% delle proprietà del quartiere di Sur a Diyarbakir, città curda al confine con la Siria.[3]
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