Afghanistan: 4 militari italiani feriti in attentato

venerdì 8 settembre 2006

Un attentato terroristico ha colpito il contingente militare italiano in servizio in Afghanistan. Alle ore 9.00 locali (le 6.30 CEST), nei pressi di Farah, una bomba è esplosa a margine di una strada sulla quale stava transitando un mezzo italiano in attività di pattuglia.

Nell'esplosione sono stati coinvolti quattro militari italiani, tutti appartenenti al corpo degli Incursori della Marina Militare. Si tratta del capo di prima classe Stefano Pella, del tenente di vascello Luigi Romagnoli e dei sergenti Ciro Fujani e Michele Spanu. Il primo è il ferito le cui condizioni destano maggiori preoccupazioni per i sanitari: il capo Pella ha riportato una frattura alla tibia ed un lieve trauma cranico. La prognosi, per tutti, è ancora riservata.

La Procura della Repubblica di Roma ha aperto un'inchiesta su quanto accaduto: l'ipotesi per la quale la magistratura capitolina procede è quella di strage con finalità di terrorismo.

Le reazioni

«Stiamo seguendo le notizie per valutare la situazione e le condizioni dei feriti», ha affermato il Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, che ha sottolineato come «la preoccupazione è assolutamente naturale» perché «il rischio è sempre alto».

Sulla vicenda è intervenuto anche il Presidente della Camera, Fausto Bertinotti: «Come si era capito, ormai l'Afghanistan è un territorio a rischio che va inquadrato in quella spirale di guerra e terrorismo che incombe sul mondo. Quello che l'Italia sta facendo, proponendosi anche diversamente dal passato è quello che si può e si deve fare sempre di più».

Secondo il capo della Farnesina, Massimo D'Alema, l'attentato di oggi è segno di una situazione "preoccupante" che richiede «un'iniziativa non solo militare, ma anche politica».

Per il ministro della Difesa, Arturo Parisi, la notizia «non ci sorprende: appartiene all'ordine delle cose. I nostri soldati sono preparati a eventi di questo genere. L'apparato di soccorso e di sicurezza è intervenuto tempestivamente e questo dimostra che la missione è organizzata in modo adeguato agli obiettivi e ai rischi che si corrono».

Nella sinistra radicale non mancano gli inviti ad un disimpegno militare italiano nel Paese: secondo il Ministro Pecoraro Scanio «ciò che accade in Afghanistan è allarmante. Sarebbe più utile spostare le truppe dall'Afghanistan al Libano». Mauro Bulgarelli, invece, afferma: «Gli attentati di oggi confermano drammaticamente il precipitare della situazione in Afghanistan, ormai teatro di guerra a tutti gli effetti, e impongono un'accelerazione dei tempi per il ritiro del contingente italiano. Bisogna prendere atto ancora una volta che non esistono le condizioni per la permanenza delle nostre truppe in Afghanistan. D'altra parte all'epoca del rifinanziamento del decreto sulle missioni fu deciso di condizionare la presenza dei nostri soldati all'evolversi della situazione».

Di altro avviso gli esponenti della Casa delle Libertà: Renato Schifani, esprimendo vicinanza «ai nostri militari feriti in un attentato criminale in Afghanistan» e precisa che «la nostra missione, però, deve assolutamente proseguire per la nostra sicurezza e per quella di tutto l'Occidente. La presenza italiana in Afghanistan - spiega l'esponente di Forza Italia - è indispensabile per la lotta al terrorismo internazionale. Le richieste di ritiro delle nostre truppe da parte della sinistra radicale dell'Unione, sono inaccettabili, rischiose ed espongono i nostri ragazzi al pericolo di nuovi attacchi terroristici». Di tono analogo i commenti di Francesco Storace: «La strage di Kabul testimonia ancora di più quanto sia fondamentale la missione di pace e quanto sia necessario testimoniare solidarietà anche con l'ordine del giorno proposto da Gianfranco Fini per sostenere la missione libanese. Non saranno gli strepiti di una sinistra radicale che casualmente sceglie l'8 settembre per invocare un ipocrita e vile ritiro delle truppe a rappresentare con dignità una nazione ferita».

Fonti