65° anniversario della difesa di Roma. Napolitano, Alemanno e La Russa a Porta San Paolo

lunedì 8 settembre 2008

Si è celebrata oggi la commemorazione del 65° anniversario della difesa di Roma. Alle celebrazioni hanno partecipato il sindaco della capitale Gianni Alemanno, il Capo dello Stato Giorgio Napolitano e il ministro della difesa Ignazio La Russa.

Le celebrazioni di oggi

Il Presidente Giorgio Napolitano rende omaggio al monumento dei militari caduti

Alle 8.30, presso la Basilica di Santa Maria in Ara Coeli, si è tenuta una messa in suffragio dei caduti; alle 10, il presidente Napolitano ha deposto una corona d'alloro al monumento dei militari caduti negli anni 1943-1945, presso il Parco della Resistenza, in viale Aventino.

Alle 10.20 a Porta San Paolo, in piazzale Ostiense, la commemorazione dell'anniversario della difesa di Roma, con i discorsi di Napolitano e di Alemanno in memoria dei caduti.

La mancata difesa di Roma

L'8 settembre 1943, durante la Seconda guerra mondiale, il Capo del Governo Pietro Badoglio annunciò alla radio l'entrata in vigore dell'armistizio firmato a Cassibile con gli Alleati il 3 settembre. Subito dopo la proclamazione dell'armistizio, i militari tedeschi iniziarono le operazioni per l'occupazione di Roma, che fu facilmente presa.

Nella mattinata del 9 settembre le avanguardie tedesche investirono Roma, contrastate in vari punti della cintura urbana dalla reazione spontanea e non coordinata di singoli reparti militari e di civili armati che opposero un'eroica quanto vana resistenza alle truppe tedesche. Negli scontri di Porta San Paolo, la Storta, la Montagnola, caddero 1 167 militari e oltre 120 civili.

Gli interventi alla commemorazione

Il Presidente Giorgio Napolitano a Porta San Paolo

«La data dell'8 settembre, che celebriamo quest'anno con particolare impegno nel 65° anniversario di quella drammatica giornata del 1943, segnò insieme uno dei momenti più bui della nostra storia nazionale unitaria e una delle prove più luminose della forza vitale della patria italiana.» Ha esordito così il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, nel suo intervento alla cerimonia di Porta San Paolo.

«L'8 settembre 1943 sancì il crollo - nella sconfitta e nella resa, nonostante il sacrificio e l'eroismo dei nostri combattenti - di quel disegno di guerra, in alleanza con la Germania nazista, che aveva rappresentato lo sbocco fatale e l'epilogo del fascismo. Ma quell'8 settembre annunciò nello stesso tempo la nascita della Resistenza, nel duplice segno che la caratterizzò fino all'insurrezione vittoriosa e alla Liberazione del 25 aprile del '45.»

Napolitano ha poi richiamato il «senso del dovere, della fedeltà e della dignità che animarono la partecipazione dei militari, compresa quella dei seicentomila deportati nei campi tedeschi, rifiutando l'adesione alla Repubblica di Salò

Napolitano depone una corona d'alloro alla lapide commemorativa dei caduti di Porta San Paolo

«L'Italia - ha aggiunto il Capo dello Stato - rinacque nello sforzo di ricostruzione del paese devastato e avvilito, e di edificazione di una nuova democrazia, quale fu disegnata nella Costituzione repubblicana. Si ritrovano oggi, e sempre più possono ritrovarsi, tutte le componenti ideali, sociali e politiche della società italiana nel sentire come propria la Costituzione di cui quest'anno abbiamo celebrato il 60°: nel rispettarla, nel trarne ispirazione, nell'animare un clima di condiviso patriottismo costituzionale.»

In conclusione, il Presidente Napolitano ha incoraggiato tutti a rafforzare il «comune impegno di memoria, di riflessione, di trasmissione alle nuove generazioni del prezioso retaggio della battaglia di Porta San Paolo, della difesa di Roma e della Resistenza.»

Il sentimento patriottico, per il sindaco di Roma Gianni Alemanno, «tornava a unirsi in quei giorni al sentimento della Libertà. Si trattava di reagire a un esercito invasore, ma si trattava soprattutto di riconquistare la libertà e la democrazia dopo gli anni del regime fascista.»

«Comprendere la complessità storica del fenomeno totalitario in Italia e rendere omaggio a quanti si batterono e morirono su quel fronte in buona fede, non significa non condannare senza esitazione l'esito liberticida e antidemocratico di quel regime» ha sottolineato il sindaco Alemanno.


«La difesa di Roma dell'8, 9 e 10 settembre rimane un grande esempio di generosità, di valore, di sacrificio e eroismo. Una pagina importante non solo per la storia della Capitale ma per la storia della Nazione».

Il Presidente Giorgio Napolitano, accompagnato dal Ministro della Difesa Ignazio La Russa, passa in rassegna un reparto di Granatieri di Sardegna

In conclusione al suo discorso, ha ricordato fra gli altri l'alto tributo in vittime pagato dai Granatieri e dai Lancieri di Montebello (639 caduti e 428 feriti), «da sempre soldati di Roma, ieri coraggiosamente impegnati nella difesa della nostra Città dagli invasori nazisti; oggi, ancora una volta, dispiegati nelle strade di Roma a difendere la sicurezza dei cittadini».

Nel discorso del ministro La Russa, un riferimento ad alcuni militari dell'esercito della RSI, che «dal loro punto di vista, combatterono credendo nella difesa della Patria. Farei un torto alla mia coscienza se non ricordassi che altri militari in divisa, come quelli della Nembo dell'esercito della Rsi, soggettivamente, dal loro punto di vista, combatterono credendo nella difesa della patria, opponendosi nei mesi successivi allo sbarco degli anglo-americani e meritando quindi il rispetto, pur nella differenza di posizioni, di tutti coloro che guardano con obiettività alla storia d'Italia».

Dopo la cerimonia, il ministro della difesa ha precisato la non esistenza di contrasti di opinione con il presidente della Repubblica; nel suo intervento, tale omaggio, rivolto «non genericamente ai soldati della Rsi, ma ai militari caduti della Nembo», è «inserito in un ampio, costante, grato omaggio e riconoscimento a quanti si immolarono in quell'8 settembre per la libertà e la democrazia.»

Reazioni

Osvaldo Napoli, vicepresidente dei deputati del PDL, interviene sulle dichiarazioni di Napolitano: «L'appello del presidente della Repubblica a costruire un patriottismo costituzionale fondato sulla memoria della Resistenza scaturisce da un'idea nobile e generosa ma esprime una lettura insolitamente parziale. La Repubblica è nata dalla guerra di Liberazione al cui interno si iscrive il capitolo della Resistenza, con la sua nobiltà e le sue tragedie come Napolitano stesso ebbe modo di riconoscere qualche tempo fa a Genova dove aveva evocato la Resistenza come una guerra anche civile. Quelle considerazioni valgono ancora oggi».

«Nel discorso di Alemanno non c'è stata una condanna del fascismo. Penso che continueremo a parlarne». Così Riccardo Pacifici, presidente della comunità ebraica di Roma, che ieri aveva chiesto lumi al primo cittadino di Roma sulle sue affermazioni sulle leggi razziali. «Credo - ha aggiunto - che si debba sviluppare questa polemica in senso positivo. Vogliamo mettere dei paletti ben fissi dicendo che non esiste un fascismo buono e uno cattivo. Quella ideologia ha portato alle leggi razziali». Pacifici ha sottolineato infine che «coloro che militavano nella RSI immaginavano a loro modo di combattere per l'Italia, ma stavano dalla parte sbagliata».

Critico Fabio Mussi, leader del movimento Sinistra Democratica, che disapprova le dichiarazioni di Alemanno e La Russa. «A 60 anni dalla Resistenza e dalla nascita della Repubblica in Italia si può orgogliosamente dire "io sono fascista", omaggiare le truppe della Repubblica di Salò a Porta San Paolo, o rivalutare il fascismo. Ogni tanto corre qualche brivido e c'è una reazione, come alle inconcepibili parole pronunciate da Alemanno. Sarebbe interessante se Giuliano Amato, uscendo dal suo naturale riserbo, ci dicesse se intende continuare a collaborare con Alemanno».

Paolo Gentiloni (PD) su Alemanno: «Nella consueta correzione di tiro del giorno dopo, il sindaco di Roma commette oggi un errore persino peggiore. Condannare l'esito liberticida e antidemocratico del fascismo senza criticarne alla radice la genesi significa di fatto avallarne la natura».

Marina Sereni, vicepresidente dei deputati del PD: «È inquietante che persone che hanno responsabilità di governo del Paese e della capitale d'Italia esprimano giudizi che hanno il sapore di un revisionismo storico capace soltanto di riaprire ferite. Gli storici stanno facendo e continueranno a fare il loro mestiere. L'8 settembre '43 è stato insieme un momento di dramma e di riscatto per l'Italia tutta: la sconfitta e la resa di quel giorno furono anche il seme della Resistenza che portò alla Liberazione dal fascismo».

Massimo Donadi (IdV): Alemanno e La Russa «hanno dato il via ad un patetico tentativo di revisionismo. Hanno pronunciato parole che offendono la nostra memoria collettiva e la coscienza civile del Paese. Ora si scusino e riconoscano il valore della resistenza, su cui si fonda la nostra democrazia».

Francesco Storace (La Destra), sul suo sito, chiede: «Ma era proprio necessario? Ma chi consiglia Gianni Alemanno? Questa continua avventura nella storia che caratterizza molti uomini che vengono dal Msi sta diventando ridicola. Tutti abbiamo detto che le leggi razziali costituiscono un'inaccettabile discriminazione; ma mettere tutto in discussione è il mestiere di chi campa ancora di antifascismo, non dovrebbe essere tipico di un uomo di destra. Se lo è ancora. Almeno La Russa ha ricordato, pur con moltissima prudenza, i caduti della Rsi».

Sempre su Alemanno l'attore Ascanio Celestini: «Consiglierei al sindaco di occuparsi delle leggi razziali che sono state fatte adesso, cioè del provvedimento di prendere le impronte ai rom, non di quelle di 70 anni fa».

Fonti